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di Giuliasofia Aldegheri

 

Col tramonto delle ideologie che hanno dominato il panorama socio culturale del XIX e XX secolo e l’avvento del nuovo millennio, la società italiana ha conosciuto un vuoto dottrinale determinato dal mancato, inaspettato, radicamento dell’ideale liberal-democratico esplicatosi –  agli occhi dell’osservatore contemporaneo – con le fattezze di un vero e proprio tracollo dell’adesione dei cittadini alla vita politica del Paese.

All’interno di questa rinnovata cornice storico-sociale il liberalismo – inteso quale insieme di dottrine accomunate dal ricorso alla modellistica del cosiddetto “Stato minimo”, avente quale unico cardinale obiettivo la tutela dei diritti fondamentali – è stato eletto dai pensatori anti liberali quale privilegiato oggetto di una feroce critica, volta a demonizzare tale concezione ideale quale capro espiatorio dell’odierna crisi economica abbattutasi, soprattutto, sui Paesi maggiormente industrializzati.

È all’interno di questo quadro, così complesso e scevro di certezze forti per il cittadino-elettore, che l’occasione di incontro e dialogo offerta da Magna Carta Verona – Scipione Maffei, in collaborazione con l’Istituto Adam Smith, in programma sabato 22 settembre alle ore 11.30 presso il Foyer del Teatro Nuovo (Cortile della Casa di Giulietta, via Cappello 23 in occasione della presentazione del “Dizionario del Liberalismo” (edizione Rubbettino) appare degna di particolare nota.

Come ricorda il Presidente Stefano Casali «in risposta alla crisi di valori, che sembra predominare nel panorama mondiale, sono sorte diverse associazioni che, nel solco degli antichi simposi, cercano di smuovere le coscienze e favorire riflessioni di vario ordine. Nella città scaligera tra i protagonisti di questo rinnovamento culturale, un ruolo di spicco è ricoperto da Magna Carta Verona – Scipione Maffei. Questa Associazione, con una netta presa di posizione a favore di una libertà di pensiero svincolata da ideologismi fondati su giudizi aprioristici, ha scelto d’instaurare un dialogo sul futuro del liberalismo politico e del suo ruolo chiave in una società in costante mutamento, tanto politico quanto economico e culturale».

A corroborare e legittimare il pensiero espresso dal Presidente della Sezione scaligera si pongono le considerazioni del Presidente Onorario della Fondazione Magna Carta – Senatore Gaetano Quagliarello – il quale, elogiando il merito delle iniziative promesse dalla sezione veronese, ricorda come «Magna Carta è nata, sulla scia delle riflessioni scaturite dal trauma dell’11 settembre 2001, come luogo di elaborazione e circolazione dei temi dell’identità, della laicità, della geopolitica, dell’architettura istituzionale, della formazione e altri ancora. Collocata nell’area del centrodestra liberal-conservatore, negli anni ha sviluppato un’attività ormai consolidata di formazione e aggregazione, e di elaborazione culturale autonoma rispetto alla politica ma senza timore di schierarsi e di prendere posizione».

Quale preludio al dibattito che si terrà in occasione della presentazione in calendario per sabato prossimo, pare quindi lecito chiedersi per quale ragione questa “filosofia” risulti ancora oggi imprescindibile, al centro delle argomentazioni tanto dei suoi detrattori quanto dei sostenitori.

E, infatti, sebbene tale dottrina non sempre sia stata “chiamata in causa” nella sua accezione corretta molti italiani, per lungo tempo privi di una rappresentanza vera e propria, sono ancora oggi, nel cuore, dei liberali. A tale interrogativo il Senatore Quagliariello risponde ricordando come «il vero liberalismo non è un’ideologia, ma una prassi di governo capace di coniugare principi ed empiria. Di fronte alla crisi, mi sembra che questa impostazione si stia riaffermando: sia l’esigenza di recuperare i principi, sia la capacità di tradurli in programma per il governo del Paese».

«Per abbattere il debito pubblico – continua il Senatore – si impone una scelta: tagliare lo Stato o tassare la ricchezza proveniente dalla libera iniziativa? Solo se si hanno presenti i principi liberali, di fronte a questa alternativa si sa da quale parte stare. Sia in Italia che in Europa l’attualità del pensiero liberale si gioca su temi cruciali: la ricostruzione della sovranità, l’attacco ai debiti sovrani, la razionalizzazione dei sistemi fiscali che devono diventare sostenibili».

Gli oppositori di questo modus operandi hanno posto l’enfasi, oltre che sul modello di politica economica proposto, sul rapporto tra la laicità liberale e la presenza della Chiesa, in particolar modo in Italia. Ad una prima analisi approssimativa le due posizioni sembrerebbero inconciliabili; così non è per Gaetano Quagliariello che intervistato a tal proposito, dal suo osservatorio privilegiato – essendo tra gli autori del “Dizionario del Liberalismo” ed un politico che, pressoché quotidianamente, deve affrontare simili questioni – sottolinea come «il rapporto tra laicità dello Stato e presenza della Chiesa nello spazio pubblico ha avuto in questi anni una evoluzione positiva: da una parte con la fine del partito unico dei cattolici, braccio secolare attraverso il quale la Chiesa ha a lungo mediato le proprie pubbliche istanze, e il recupero della capacità di parlare direttamente dal pulpito; dall’altra con i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, che riattribuendo al concetto di laicità il proprio sano e originario significato hanno restituito al messaggio cristiano la sua universalità. Grazie a questa nuova concezione, è oggi possibile l’incontro tra i principi del cristianesimo e quelli del liberalismo in nome della centralità della persona, libera determinazione e del “futuro aperto” contro chi vorrebbe trasferire il costruttivismo sociale del secolo scorso a livello delle scelte personali».