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«Con Notre-Dame brucia una parte di noi»: tanto ha affermato, secondo le agenzie di stampa, il Presidente francese Emmanuel Macron durante il devastante incendio che ha distrutto la cattedrale di Parigi, simbolo dello stile architettonico gotico.

Ciò che ha affermato Macron è senza dubbio vero e quindi, almeno in linea teorica, condivisibile, se solo non provenisse da un’esponente di spicco di quella classe politica e ideologica europea che quanto mai massimamente ha contribuito negli ultimi decenni ad incendiare non tanto e non solo i pilastri portanti della civiltà occidentale, ma il suo stesso spirito.

La tragedia storico-artistica che si è consuma tra i focolai di Notre-Dame, infatti, può servire da utile suggestione per riflettere sulla tragedia umana e culturale che sta logorando dall’interno, come le fiamme tra le travi di legno del transetto e della navata della celebre chiesa parigina, l’intera civiltà occidentale.

Sarebbe quanto mai opportuno chiedersi, quindi, perché piangere sulle pietre annerite che resteranno a Notre-Dame dopo qualche ora d’intenso e indomabile fuoco, se da tempo, con una violenza ben superiore a quella della più grande immaginabile pira, e senza alcun turbamento interiore o esteriore, l’intero occidente sembra essersi affrettato ad incenerire lo spirito che quelle stesse pietre ha con cura edificato.

Notre-Dame, è il caso di ricordare, era l’emblema dello stile gotico, cioè dell’acme culturale della civiltà europea del XII-XIII secolo, cioè di quei secoli definiti medievali, spesso con una accezione ingiustamente dispregiativa che proprio da una visione ideologica discende, cioè secoli di mezzo, privi di intelligenza, e come tale oscuri, posti tra la grandezza dell’antichità classica e l’evo nuovo della ragione che si è affermata a partire dal rinascimento raggiungendo la sua presunta apoteosi nell’epoca dell’illuminismo francese.

Tralasciando il dato storico per cui proprio la rivoluzione francese, cioè la concretizzazione socio-politica delle idee illuministiche, ha bruciato intenzionalmente più chiese e monasteri (e vite umane) di quanto mai abbia fatto l’avversa sorte casuale, è bene ricordare come, invece, non soltanto la razionalità non sia un portato esclusivo del rinascimento o dell’illuminismo, ma sia per di più un connotato tipico del cosiddetto “medioevo”.

Sul punto han ben evidenziato Nikolaj Berdjaev, infatti, che «il rinascimento esisteva già nelle profondità del medioevo», dimostrandosi così che non è per nulla realistica quella visione della storia che non solo suddivide in scompartimenti stagni le diverse epoche dell’umanità, ma che, secondo i paradigmi di un autoreferenziale messianismo secolarizzato, attende una epoca futura di illuminazione che dovrebbe redimere l’umanità dal suo passato presuntivamente oscuro.

La cattedrale di Notre-Dame, infatti, è proprio l’espressione architettonica della capacità razionale dell’umanità del XII e del XIII secolo, non soltanto da un punto di vista strettamente ingegneristico, richiedendo un edificio così imponente complessi calcoli e accorgimenti tecnici nella loro sostanza non secondari o dissimili da quelli attuali, ma anche e soprattutto dal punto di vista umano.

Lo stile gotico, infatti, con le sue verticalizzazioni, le sue guglie, i suoi colonnati polistili, i suoi giochi di luce tramite le vetrate policrome, i suoi archi rampanti, e tutti gli altri suoi connotati stilistici, costituisce la manifestazione architettonica della risposta umana all’appello divino che si celebra nel Cristianesimo in cui non è più l’uomo a cercare Dio, ma Dio che, incarnandosi, va alla ricerca dell’uomo.

Lo stile gotico esplicita quella relazione con la trascendenza che rende l’uomo persona in quanto creatura costituita ad immagine e somiglianza di un Dio personale con cui si comunica nello spazio sacro tracciato dalle navate della cattedrale.

Lo stile gotico, infine, rivela tutta la profonda finitudine dell’uomo che ancorato dalla propria natura nel mondo dell’al di qua utilizza gli strumenti più solidi del creato, le pietre, per organizzarle in modo concretamente razionale al fine di elevarsi proiettandosi con lo spirito nell’al di là ed entrando in contatto con quella divinità a cui si riconosce filialmente e liberamente sottoposto.

Tutti principi e luoghi di senso inappellabilmente condannati al rogo da quell’evo moderno così incentrato sul solipsismo dell’individuo, sull’autoreferenzialità del singolo, sul materialismo della soddisfazione delle impellenze del mercato, sulla radicale negazione della trascendenza, come dimostra il motto di Voltaire «Écrasez l’Infâme!», cioè “distruggete l’infame”, ovvero il Cristianesimo e tutti i suoi simboli.

Con la speranza che il sacrificio di un’intera monumentale chiesa non sia stato vano, alla flebile e tremolante luce dei tizzoni ancora ardenti delle macerie di Notre-Dame, alcuni quesiti s’impongono in conclusione.

Perché, invece di ricostruire in modo posticcio i muri di una cattedrale simbolo della spiritualità occidentale, come quest’ultima rasa al suolo, non intraprendere la ben più ardua, ma importante ricostruzione spirituale e umana dell’occidente in genere e dell’Europa in particolare?

Perché affliggersi per l’incenerimento di un simbolo come la cattedrale di Notre-Dame che avviene in un’epoca storica come quella attuale in cui in certi Paesi, come in Olanda per esempio, le chiese vengono “riconvertite” in pub, centri commerciali, alberghi e ristoranti?

Perché languire intorno ai resti fumanti di Notre-Dame senza volgere lo sguardo e il pensiero a ciò che Notre-Dame è in realtà ben oltre la mera materialità della sua struttura?

Perché commuoversi dinnanzi alla distruzione di un simbolo come Notre-Dame senza dolersi anche per la precedente e più grave distruzione di ciò che Notre-Dame in effetti rappresenta?

Perché, infine, tentare di spengere con ipocrite lagrime l’imponente brace di Notre-Dame se un fuoco più antico e diverso, figlio della ancestrale e atavica fiamma primigenia dell’orgoglio, tradotta oggi in schematismi di tipo ideologico e risolutamente anti-cristiani e anti-umani, in modo ben più brutale, nell’indifferenza generale, ne ha ferocemente combusto il senso e la simbologia, che la reggevano in piedi e gloriosamente svettante verso il cielo, ben prima che il banale fuoco materiale ne consumasse il solido corpo?

 

 

Tratto da loccidentale.it