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Dopo diversi anni in cui si è assistito a un brillante processo di evoluzione e sviluppo del mercato delle comunicazioni mobili, che ha portato il nostro Paese su livelli massimi di penetrazione nel contesto europeo, il mercato italiano vede oggi (e da alcuni anni) un’importante fase di declino del proprio valore economico. Solamente nel periodo tra il 2007 e il 2010, infatti, i ricavi per gli operatori di mercato sono diminuiti di oltre il 15%, e un’ulteriore diminuzione è prevista per il 2011 (-4,7% dal 2009). Eppure oggi l’Italia, che per ricavi è solo al 4° posto fra i BIG5 (Francia, Germania, Italia, Spagna, UK), è al 1° posto per i minori prezzi al cliente, i maggiori consumi, il massimo livello di penetrazione e di investimento. Gli operatori mobili in Italia hanno effettuato ingenti investimenti: i più alti in Europa da molti anni. E sarà necessario investire ancora, per garantire le evoluzioni delle reti, a supporto dei sempre più avanzati servizi dati e del crescente fabbisogno di banda (in capacità e in velocità), nonché per l’acquisto delle frequenze indispensabili alla loro erogazione.

Ma qual è il contesto in cui gli operatori si troveranno, per i prossimi anni, a dover compiere questi investimenti? A dispetto dell’impegno e dello sforzo degli operatori mobili, costante da anni e volto a mantenere le tariffe al cliente basse, oggi essi si trovano a investire in uno scenario economico complicato, che comporta impatti diretti e indiretti sul mercato di riferimento, a fronte di una sempre maggiore instabilità e difficoltà economica dei clienti finali. Questi ultimi, infatti, oltre a essere costretti a contenere le spese, sono sempre meno disposti a rischiare la propria già precaria sicurezza economica. Non a caso, nonostante la migliore condizione tariffaria in Europa, risulta indicativo che, rispetto al resto del continente, l’Italia è al primo posto nella classifica pubblicata da OFCOM sul volume di utenti che dichiarano di aver negli ultimi 12 mesi ridotto la propria spesa in servizi di comunicazione mobili, ed è anche al secondo posto nella classifica della clientela che nei prossimi 12 mesi intende ridurre ulteriormente la spesa telefonica.

Oggi, e ancor di più nei prossimi anni, per gli operatori risulta altamente critico investire in un contesto che difficilmente sarà in grado di assicurare volumi di ricavo capaci di seguire le dinamiche altamente positive rilevate in passato, o di dare anche solo garanzie sufficienti sul futuro. Il piano di evoluzione e di sviluppo in un tale quadro di investimenti appare evidentemente critico per gli operatori, ma non per questo può essere “evitabile” se si intende mantenere un mercato attivo e competitivo. A ciò va aggiunto che nel corso di quest’anno è prevista la gara per le frequenze del Digital Dividend, liberate dalla migrazione dei servizi TV dall’analogico al digitale terrestre, e destinate appunto ai servizi mobili. Gara che ha in sé ulteriori rischi e oneri di impresa, prevedendo che il potenziale esborso per le frequenze oggetto della gara avvenga prima ancora che le stesse siano pienamente fruibili dagli operatori.

Uno scenario quindi di forte impegno e incertezza di investimento, in un quadro economico assai critico. Ed è in questo scenario che vanno pertanto inquadrati tutti quegli interventi, inclusi quelli regolamentari, il cui impatto possa insistere in modo ancora più negativo su tale già critico contesto di settore, soprattutto per gli operatori non incumbent, che si trovano in condizioni di minor forza competitiva di mercato. In tale ambito rientra anche il percorso evolutivo delle tariffe di terminazione vocale su rete mobile (MTR), vale a dire gli importi minutari che gli operatori devono riconoscere agli altri operatori per l’attività di “consegna” di una telefonata effettuata dalla propria rete ed indirizzata, appunto, ad una rete diversa.

Ai valori di tali tariffe risultano certamente anche correlati i prezzi dei servizi vocali per i clienti finali. La loro regolamentazione e il loro mantenimento su valori progressivamente sempre più bassi (in relazione all’evoluzione dei costi degli operatori) ha quindi in sé l’obiettivo principale di garantire nel tempo tariffe sempre più vantaggiose per l’utenza. Ciononostante, il trovarsi in condizioni di mercato in cui i prezzi al cliente finale risultino, come è per l’Italia, già così significativamente basse (gli operatori hanno già da tempo garantito al nostro mercato tale primato) fa sì che ci si possa trovare su quei valori di soglia tali non solo da non consentire più una discesa dei prezzi al consumo, ma anzi possa accadere piuttosto un loro innalzamento (waterbed effect), laddove ulteriori riduzioni delle tariffe di terminazione mobile imposte dalla regolamentazione vanno a ridurre ulteriormente i flussi di ricavo (e con essa la capacità di investimento) degli operatori mobili.

L’intervento recentemente comunicato da AGCOM di voler intervenire già dal gennaio 2012 con un piano di ulteriore riduzione delle tariffe MTR (rispetto a quello già stabilito fino a luglio 2013 con una precedente delibera del 2008) non solo produce una riduzione dei ricavi degli operatori, ma lo fa andando a incidere temporalmente su programmi di investimento già da tempo definiti sulla base dei valori precedentemente indicati dall’Autorità stessa, e in contemporanea con esigenze di impegno investitorio aggiuntive (gara frequenze) non previste all’atto di tali programmazioni. Infine va ricordato che si aggiunge, per gli operatori che oltre alla telefonia mobile offrono quella fissa, anche il notevole sforzo economico per garantire l’innovazione tecnologica del Paese e i relativi investimenti richiesti in fibra ottica.

La somma delle diverse tematiche che fin qui abbiamo provato a rappresentare brevemente sono espressione di un coinvolgimento economico che rischia di diventare insostenibile per il settore e tale da potere creare forti distorsioni della concorrenza e, di conseguenza, della relativa tutela del consumatore. Per ridare fiato al mercato sarebbe auspicabile che l’intervento sulle tariffe fosse congelato per qualche anno e che l’analisi di mercato tenesse conto anche della variabile assegnazione di nuove frequenze e degli impatti sugli operatori.