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Qualche giorno fa i servizi di sicurezza italiani hanno presentato la propria relazione al Parlamento: una consuetudine che si ripete ogni anno, ma che quest’anno ha un sapore assai diverso.

Tra le righe di questo documento gli 007 esaminano in modo assai dettagliato la situazione della sicurezza italiana nel 2019 soffermandosi dapprima sulle principali dinamiche che hanno attraversato gli “scenari geopolitici” all’estero, per poi passare in rassegna quattro approfondimenti tematici riguardo le minacce alla sicurezza economica, il terrorismo jihadista di portata transnazionale, l’immigrazione clandestina, i fenomeni di eversione ed estremismo sul piano interno e lo stato della minaccia cibernetica nel nostro Paese.

In particolare gli 007 rendono noto come lo scorso anno si siano moltiplicati i fronti in grado di esprimere minacce dirette al nostro Paese e ai nostri assets, come all’interno della “competizione” tra Stati il piano economico-finanziario sia risultato di assoluto rilievo e la sovranità tecnologica e digitale si siano affermate e siano divenute sempre più centrali, così come abbia assunto un’importanza basilare quella che in gergo tecnico viene definita la “resilienza al quinto dominio”: in parole più semplici la capacità di uno Stato di resistere (e difendersi) da attacchi di tipo cibernetico. [Solo a titolo di curiosità i cinque domini nel mondo militare sono quello aereo, terrestre, navale, spaziale e appunto cibernetico].

Sul versante estero, cioè dei fenomeni esterni che potrebbero avere effetti diretti indiretti sulla nostra sicurezza, l’intelligence cita prioritariamente la delicata situazione del Nord Africa dove il teatro libico, quello Sahel-sahariano dell’Africa orientale risultano pericolosamente pervasi da fenomeni di radicalizzazione e dalla minaccia jihadista, che appare tanto esplosiva nel suo insieme, quanto per le difficili dinamiche interne (soprattutto tra Al Quaeda e DAESH). Sono stati numerosi i momenti all’apice della tensione  negli scorsi mesi: come non ricordare l’uccisione del suo leader fondatore di DAESH Abu Bakr al-Baghdadi lo scorso 27 ottobre, nonché le forti tensioni tra Stati Uniti e Iran nel settore degli armamenti, con la revoca dei trattati di contenimento nucleare, fino ad arrivare alla guerra dei dazi oltre che a quella per la conquista delle zone di influenza in medioriente e nella parte settentrionale del continente. L’intelligence conferma che la portata eversiva del cosiddetto Stato Islamico (IS) – o, per usare la denominazione della Relazione, DAESH – resta elevata. L’organizzazione sembra destinata a sopravvivere sia alla perdita di territorio che a quella del suo leader fondatore Abu Bakr al-Baghdadi (27 ottobre 2019) e, anzi, ha mantenuto “postura e orizzonti dell’attore globale” oltre ad essersi mostrato ancora particolarmente vitale nelle aree di origine, in Iraq e Siria, e ad aver mostrato crescente attivismo anche in Libia, in Afghanistan, in Sahel, in Pakistan e nel Sud Est Asiatico.

Sempre sul versante esterno si pone l’accento sullo spazio post sovietico, sul processo di apertura e liberalizzazione economica che ha interessato il quadrante centrasiatico, oltre che sull’inevitabile impatto sia sul piano geopolitico che economico dei recenti intendimenti strategici tra Cina e Russia.

Sul versante interno, invece, i servizi segreti notificano il costante lavoro di presidio dell’economia nazionale volto a garantire afflusso in sicurezza di capitali nel nostro tessuto produttivo, supportare l’internazionalizzazione delle imprese italiane e le filiere industriali, a partire dai settori considerati (o da considerare) di rilevanza strategica. Specifici obiettivi delle Agenzie sono quelli di attuare e rendere più incisivo l’esercizio del golden power, non solo nei settori cui è tradizionalmente stato riservato, ma prevedendone applicazioni integrative – con specifico riferimento alla rilevanza delle filiere produttive -, verificare la natura e la matrice degli investitori esteri, creare condizioni multilaterali che assicurino l’approvvigionamento energetico e la diversificazione delle fonti al fine di ridurre al minimo la debolezza intrinseca data dall’essere un Paese non energicamente autosufficiente.

Nell’anno trascorso è risultato progressivamente più complesso l’impegno richiesto dal fenomeno migratorio clandestino, in merito al quale le linee di tendenza e i fattori scatenanti sono soggetti a irregolarità e variazioni nette e repentine, tali da rendere difficile la pianificazione e prevenzione strategica. Sotto osservazione per l‘intelligence rimangono principalmente il teatro libico e siriano, oltre al monitoraggio dei fenomeni di gestione criminale delle tratte e di conseguente commercio di documenti falsi.

Una parte residuale dell’impegno degli agenti è stata dedicata all’eversione interna, ancora sporadicamente presente con fenomeni anarco-insurrezionalisti. Infine, un ampio capitolo è riservato all’arma cibernetica che si è rivelata la più utilizzata nel 2019 contro gli assets strategici del nostro Paese: spionaggio digitale, hacktivismo e minacce ibride hanno spesso rischiato di indebolire tanto la tenuta del nostro sistema economico quanto di quello democratico. Da qui si apre, inevitabilmente un’ampio capitolo sulla tecnologia 5G e sulle potenziali opportunità, ma anche i potenziali rischi, che la stessa offre in prospettiva. La cronaca recente e la massiccia campagna internazionale cinese intitolata Belt and Road Initiative, cui l’Italia ha aderito con inatteso entusiasmo, ha da subito fatto trasparire uno scenario caratterizzato dal tentativo di predominio tecnologico di potenze mondiali (o aspiranti tali) e il rischio, molto più prossimo di quanto di pensi, che l’infrastruttura alla base di queste reti di nuova generazione possano essere utilizzate per finalità ostili e pervasive della nostra sicurezza nazionale.

Perfino queste tante e diversificate minacce, da quelle difficilmente comprensibili o immaginabili come per esempio le minacce cibernetiche, a quelle più concrete e che ci hanno toccato più da vicino, come il fenomeno epocale dell’immigrazione clandestina, sono apparse improvvisamente meno imminenti, si potrebbe dire (peccando un po’ di superficialità) meno terribilmente pericolose, dinnanzi ad un fenomeno inatteso, incomprensibile ai più e altrettanto difficilmente controllabile: l’epidemia del Covid-19. 

Il fatto che il documento dei nostri servizi di sicurezza non ne abbia fatto cenno, se non in rimandi secondari e residuali, e non abbia ritenuto di inserire tra le minacce alla salvaguardia del nostro Paese il rischio batteriologico fa apparire quelle pagine un resoconto pericolosamente scollegato dalla quotidianità dei cittadini e dalle emergenze contingenti sul territorio italiano e internazionale.

Tanto più che, nonostante il Ministro degli Esteri Cinese abbia affermato che il virus nato a Whuan abbia avuto “origini ignote”, da più parti sulla stampa nazionale e internazionale – tra cui sulla rivista scientifica Nature – si è parlato dell’impossibilità di escludere il legame tra il Covid-19 e alcuni esperimenti in corso in un laboratorio di bio-sicurezza di Whuan che si inserivano in un settore della ricerca scientifica denominata «Gain-of Function (GoF). Un campo che viene descritto dalla stesse riviste scientifiche molto controverso, sia per la pericolosità che la creazione in laboratorio di nuovi patogeni pone, sia per i dubbi su eventuali collegamenti di questi studi con fini militari, e infine per la mancanza di trasparenza e di controllo da parte della società civile, specie in paesi poco trasparenti per definizione, come la Cina o la Russia.

Il fatto che all’interno del documento più rilevante che le forze di sicurezza italiane non sia stata dedicata nemmeno una riga alle minacce derivanti da fonti batteriologiche e da bioterrorismo, a prescindere dall’attualità delle singole minacce rispetto all’anno cui il resoconto si riferisce, la dice lunga sulla capacità del nostro Paese di adattarsi in maniera repentina all’aggiornamento delle minacce o al presentarsi di nuove fonti di pericolo non tradizionalmente militari. 

É stato lo stesso direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) Tedros Adhanom Ghebreyesus ad affermare pubblicamente che “Il Coronavirus è il nemico numero uno, più sconvolgente del terrorismo”. Paradosso dei paradossi: è proprio il Presidente cinese Xi Jinping ad annunciare per primo un nuovo quadro normativo che allargherà il raggio d’azione della sicurezza nazionale alle emergenze sanitarie e alle misure di prevenzione, che – nel caso del grande Paese asiatico – prevederà l’utilizzo massivo (e probabilmente non convenzionale) delle nuove tecnologie e dell’intelligenza artificiale.

Se il comparto intelligence del nostro Paese ha la mission istituzionale di mettere in atto tutte le iniziative volte a tutelare gli interessi politici, militari, economici, scientifici e industriali forse occorrerebbe pensare all’inserimento di un “sesto dominio” che impegni i nostri servizi nell’attività di monitoraggio e prevenzione dalle variegate minacce sanitarie, batteriologiche e bio-terroristiche. 

D’altronde gli scenari che si sono creati a causa del Covid-19, lo dicono le cronache dagli ospedali lombardi, non sono diversi da quelli che si prefigurano in caso di guerra batteriologica.