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Il passaggio che ho apprezzato di più nel discorso di Verona è il riferimento alla Ragione. La Ragione matematica, scientifica, tecnica, quella che ci permette di dominare e di governare l’Universo visibile.

Viene capovolta la tendenza a dare il primato all’irrazionale, al caso e alla necessità, e ricondurre ad esso anche la nostra intelligenza e la nostra libertà”. Sono parole del Papa a Verona. L’obiettivo è “[…] allargare gli spazi della nostra razionalità, riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene, coniugare tra loro la teologia, la filosofia e le scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi propri e della loro reciproca autonomia, ma anche nella consapevolezza dell’intrinseca unità che le tiene insieme”.

È questo il cuore della questione, l’architrave sul quale si sostiene il progetto di Benedetto XVI. I giornali si sono interessati ai “teocon” e ai “teodem”, alle ricadute sulla politica-partitica italiana, all’accoglienza riservata a Prodi e a Berlusconi. Sono tutte fastidiose e noiose sciocchezze. Il discorso del Papa guarda alto, guarda lontano e guarda indietro riappropriandosi in un certo senso della grande storia cattolica che otto secoli fa, con Tommaso d’Aquino, tentò la formidabile alleanza fra la Rivelazione cristiana e il pensiero filosofico greco. Benedetto XVI sa bene che se è un pericolo il secolarismo-relativismo, è uno speculare e altrettanto grave pericolo lo spiritualismo generico, rapsodico, evanescente, tipico della religione “fai da te”. Quindi il primato della Ragione, che vuol dire primato della Libertà. Se questo è il progetto pastorale e “politico” del Papa, io auguro ogni successo.

Antonio Paolucci è storico dell’arte, già Sovrintendente per i beni artistici e storici di Firenze, Prato e Pistoia.