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Secondo appuntamento di “PNRR e riforme”, la rubrica dedicata alle riforme connesse al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. CLICCA QUI per leggere tutti gli articoli.

Quella della giustizia rappresenta una delle riforme essenziali da realizzare al fine di attivare i finanziamenti previsti dal Recovery Plan.

All’interno del PNRR del Governo Draghi il progetto di riforma della giustizia viene articolato in quattro macro aree di intervento: riforma del processo civile, della giustizia tributaria, del processo e del sistema sanzionatorio penale e riforma dell’Ordinamento giudiziario.

Quanto al cronoprogramma, per tutti i progetti viene stimata, come data termine per l’adozione delle leggi delega, la fine dell’anno corrente, ad eccezione dei progetti di riforma dell’Ordinamento giudiziario, per i quali il Governo ha richiesto la trattazione prioritaria, che ne comporterà la calendarizzazione per l’esame in Aula entro giugno 2021.

L’esigenza di accelerare sulla riforma dell’Ordinamento giudiziario è stata, peraltro, sottolineata anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il quale, in occasione della commemorazione della strage di Capaci, è intervenuto sul tema ribadendo l’assoluta necessità di affrontare sollecitamente e in maniera decisiva i progetti di riforma.

A quasi due anni dal drammatico intervento dinanzi al plenum del CSM, reso all’indomani del “caso Palamara” e in occasione del quale aveva espresso «il grave sconcerto e la riprovazione per quanto emerso», Mattarella torna dunque a sollecitare un intervento di riforma del sistema di autogoverno della magistratura.

Quello di ristabilire la credibilità dell’ordine giudiziario è senz’altro un obiettivo che si pone con particolare irruenza (specie dopo l’ennesima vicenda poco commendevole che ha coinvolto la magistratura, il caso “loggia Ungheria”), ma le ragioni alla base dell’urgenza invocata da Mattarella sono ben più concrete: il rischio imminente da scongiurare è quello di mantenere invariate le norme elettive dei membri del CSM anche per la prossima consiliatura (tra circa un anno, infatti, verranno eletti i togati del prossimo Consiglio).

Ma a che punto siamo con i lavori parlamentari? Per quanto riguarda la riforma dell’ordinamento giudiziario, i lavori, attualmente, sono in una fase preparatoria, e la Commissione Giustizia della Camera ha adottato come testo base il disegno di legge presentato nel settembre scorso dall’allora Ministro Alfonso Bonafede.

Il progetto, che si presenta vastissimo, mira a intervenire su diversi aspetti critici dell’ordinamento giudiziario, dall’acceso in magistratura e ad alcune funzioni di legittimità presso la Corte di Cassazione, ai criteri di assegnazione degli incarichi direttivi e semi-direttivi, alla questione dell’ineleggibilità dei magistrati e alla compatibilità con incarichi di governo sino alla composizione e al funzionamento del CSM.

Alle proposte di emendamento ministeriali da presentare sul testo base sta lavorando la Commissione di studio nominata dalla Guardasigilli e presieduta dal Professore Massimo Luciani. La data di fine lavori della Commissione era stata stimata, nel cronoprogramma indicato nel PNRR, al 15 maggio, ma i lavori del gruppo di esperti sono ancora in corso e il prossimo 4 giugno  la ministra Marta Cartabia sentirà i capigruppo di maggioranza della Commissione Giustizia della Camera sulla riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm.

Contribuiscono, inoltre, ad aumentare il rischio di ritardare eccessivamente i lavori gli attriti generatisi in merito alla riforma sul processo penale in seguito alla consegna della relazione finale della Commissione ministeriale presieduta dal presidente emerito della Consulta Giorgio Lattanzi, sulla quale il Movimento 5 Stelle ha espresso forti riserve.

Infine, il quadro appare complicato anche dall’ambiziosa ipotesi di referendum abrogativo sulla giustizia penale, sostenuta dai radicali e dalla Lega, su temi delicatissimi quali la responsabilità civile dei magistrati, la separazione delle carriere e la cancellazione della legge Severino.

Riprendendo il monito di Mattarella già menzionato, è bene rimarcare che, in disparte la nobile portata democratica dell’iniziativa referendaria, i delicati temi connessi alla riforma della giustizia dovrebbero forse essere affrontati «nelle sedi cui questo compito è affidato dalla Costituzione»: il Parlamento.

Verrebbe da dire, insomma: se non ora quando? Grazie all’ampia maggioranza che sostiene il Governo Draghi e ai fondi connessi al Recovery, per la cui attivazione la riforma della giustizia costituisce passaggio ineludibile, si può forse sperare che i progetti di riforma siano effettivamente e sollecitamente affrontati.