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Per il secondo anno la riforma dell’esame di Stato ha creato, in generale, un’aspettativa diversa che per il passato, nel senso che gli studenti hanno percepito la necessità-opportunità, nelle varie fasi dell’anno, di uno studio meno provvisorio. Tuttavia, il nuovo esame, se nell’intento ministeriale diventava un forte segnale di un mutamento a gran voce richiesto, nella realtà esso, per la sua struttura, ha quasi subito perduto la sua significazione innovativa, in considerazione del fatto che i docenti “interni” ed “esterni” della commissione, (quest’ultimi reclutati negli Istituti viciniori), sono vincolati ad interrogare collegialmente i discenti, il cui sapere, spesso, si ricuce nell’ambito della sola “tesina” soprattutto nei casi degli studenti meno studiosi.

Pertanto, diventa urgente modificare non soltanto l’impianto dell’esame di Stato, ma l’intero sistema di valutazione finale per i tredici anni di scuola elementare-media-superiore, con un sostanziale riassetto della scuola di primo grado: ridefinizione delle discipline, nel senso di compiere una nuova scelta di campo, per saldare meglio il ciclo medio a quello superiore.

Un esempio: aumentare le ore di lingua straniera, di matematica e di informatica, reintrodurre il latino, rinviare l’orario di scienze al superiore (per riprendere la disciplina fin dal 1° anno del superiore), in considerazione dell’obbligo da estendersi a 18 anni: ovvero, restituire al ciclo medio la sua funzione di cerniera culturale svolta fino agli anni sessanta. Visto il cambiamento dei tempi, bisogna puntare su discipline specifiche, anche prevedendo qualche taglio per discipline successivamente riprese, quindi, lasciando agli anni successivi il compito di arricchimento e approfondimento.

Accanto a questo, reintrodurre per i Docenti – annualmente – un sistema concorsuale “nazionale” per il reclutamento e, al tempo stesso, rendere obbligatorio un anno di specializzazione all’università per la materia che s’intende insegnare : regionalizzare come per il passato, significherebbe “provincializzare”, viste alcune delle immissioni in ruolo.

Inoltre, va prevista una nuova forma di contratto per i Docenti: un contratto a tempo indeterminato, che prevede una quota stipendiale di base e una quota per la specifica attività didattica, che se effettivamente esercitata va remunerata, diversamente no. Il che comporterebbe una forte incentivazione per i Docenti motivati…Ma mi sembra che il nuovo Ministro Brunetta abbia in cantiere qualche “idea” concreta, da sintonizzare con il titolare del ministero della P.I. e Università e Ricerca scientifica.

 

Proposta:

Rimane fermo il principio che l’esame di Stato non è che la punta di iceberg di un intero sistema valutativo: se lo si vuole modificare, bisogna prevedere che tutti i tipi di scuola “educhino” i discenti a prove annuali di esame (in sostituzione degli scrutini) svolte dai Consigli di classe, fin dal primo anno della scuola dell’obbligo.

Gli esami dovrebbero svolgersi entro i primi giorni di giugno – come primo appello- e, per i non promossi (per le materie non superate), entro i primi dieci giorni di luglio – come secondo appello obbligatorio, per poter accedere al terzo appello (sempre per le materie non superate), entro i primi dieci giorni di settembre.

Gli eventuali non promossi, si possono reiscrivere ripetendo naturalmente l’anno, ma possono tentare, se promossi, al secondo e al terzo appello, il recupero dell’anno perduto. Sarebbe un modo di creare nella e per la scuola pubblica una straordinaria opportunità per gli studenti in difficoltà di nutrire fiducia nelle istituzioni, che danno l’occasione di “recuperare” nelle sedi deputate a farlo, evitando di smistare flussi di studenti in “refettori” privati della cultura, ovvero le scuole private – a qualsiasi titolo.

Si raggiungerebbero diversi risultati, primo fra tutti quello di realizzare un percorso che impegni l’utenza a prepararsi – annualmente e con un lavoro costante – per affrontare con la necessaria esperienza una prova che segna comunque lo studente per la vita. Sarebbe anche un modo per evitare – vista la selezione annuale in ogni tipo di scuola – che l’accesso all’università sia possibile soltanto con i quiz. Il Ministero, se ciò fosse realizzabile, – modificando le modalità di scrutinio – avvierebbe un ampio progetto riformatore della scuola nel suo complesso.

Sarebbe un’opportunità per restituire alla scuola la sua funzione di garante oggettiva della formazione di base, predisponendo negli studenti quegli strumenti necessari per affrontare le prove successive universitarie.

Nell’immediato, per l’esame di Stato si propone all’attenzione del superiore Ministero l’opportunità:

a) di modificare la struttura delle prove scritte;

b) di scegliere per l’esame poche discipline di indirizzo;

c) di nominare i (pochi) docenti di almeno due regioni distanti dal luogo di esame;

d) di prevedere una sola commissione d’esame e per ogni commissario un compenso (congruo) economico forfettario;

e) di impegnare i singoli docenti, su un programma ben definito, in interrogazioni individuali dei candidati: ciò per restituire al docente la sua “funzione” specifica e per evitare ogni forma di genericità. In tal senso l’alunno si vedrebbe impegnato nello studio metodico di tutte quelle discipline scelte dal superiore Ministero.

E’ da precisare che per ogni punto su esposto “in miniatura” si vorrebbero dire e precisare tante altre cose, ma lasciare “il sistema” allo stato attuale sarebbe l’ultimo degli errori e – strategicamente – l’eclisse della cultura italiana, a meno che non sia stato già deciso – “in altri luoghi” – di dividere l’umanità in due grandi categorie: il 5-10% di “bravi” e di leader e il 90% (per le poche opportunità) di sudditi culturali.