Privacy Policy Cookie Policy

[Intervento del presidente del centro culturale Vivere Salendo, in occasione del seminario: Chiesa e politica nei pontificato di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. Organizzato ad Anagni da fondazione Magna Carta il 30 novembre e l’1 dicembre.]

 

Buongiorno a tutti. Il presidente Quagliariello, che ringrazio per l’ospitalità, mi ha colpito quando – a conclusione dei lavori di ieri – ha affermato in sostanza che a livello legislativo la deriva antropologica è ormai compiuta, il resto del lavoro lo stanno completando le sentenze della cosiddetta “giurisprudenza creativa “.

L’eccezione italiana, felice espressione utilizzata da Giovanni Paolo II , si è allineata all’omologazione di quei Paesi definiti avanzati in materia di diritti civili di stampo positivista.

Un’eccezione che, a mio avviso, è andata deteriorandosi contemporaneamente all’indebolimento della politica, e alla progressiva disintermediazione del suo rapporto con la società, accentuatasi con la comparsa di leader che hanno saputo sfruttare i nuovi mezzi mass-mediatici per creare un rapporto diretto tra essi e gli elettori, senza mediazioni né di partito, né di qualsiasi altro corpo sociale intermedio.

La presenza dei cattolici nell’agone politico è anch’essa andata deteriorandosi. Sia nel centrodestra che nel centrosinistra. Nel centrodestra per il capovolgimento dei rapporti tra i partiti di coalizione più in favore di forze neopagane, nel centrosinistra per la manifesta ininfluenza dimostrata dai cattolici adulti a impedire, se non ad arginare, quella deriva antropologica in campo legislativo di cui si faceva menzione in altri interventi, e che ha sancito anche il termine di una stagione di convivenza a sinistra tra una certa cultura cattolica e quella più socialista e marxista.

Così pure è radicalmente cambiata l’influenza della gerarchia sulle scelte politiche. Benedetto XVI intuì profeticamente che l’Italia, e l’Europa, avrebbero presto sostituito completamente la matrice cristiana della società, con un sistema sostanzialmente post-cristiano, neo-pagano. Perciò parlò di “minoranza creativa “.

Ma questo ripensarsi minoranza creativa, è stato colto dai cattolici in politica? A mio avviso non abbastanza, e siamo ancora lontani da ripensare una presenza minoritaria, ma creativa e quindi incisiva secondo il tentativo portato avanti dal Progetto Culturale pensato da Ruini.

Papa Francesco, con il suo linguaggio molto pop, ha posto fin da subito l’attenzione sulla cultura dello scarto, individuando nell’attuale modello economico l’origine degli scarti nei confronti dell’umano e del creato.

Tuttavia, sebbene i suoi gesti simbolici, soprattutto nel campo sociale, siano molto politici, rispetto ai precedenti papati è venuta meno un’attenzione pastorale ad indicare i criteri di giudizio da cui si possano individuare soluzioni possibili.

Di quanto avremmo avuto bisogno di una più ampia condivisione dai pulpiti di quella NOTA DOTTRINALE circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica?

Ha detto molto bene l’on. Fassina quando ha parlato dell’attuale doppia debolezza, della politica e della Chiesa. Esse sono figlie dell’indebolimento di un pensiero forte ancorato a principi universalmente condivisibili, fondati sulla legge naturale.

E corrisponde al vero, ahimè, quanto ha asserito l’on. Cicchitto secondo cui è impensabile eliminare, p.es., le leggi su aborto e divorzio perché sarebbero atti illiberali in un sistema liberale, a mio giudizio libertario.

Bisogna quindi ripensare le strategie con cui condurre certe battaglie. Accettando che la gerarchia ecclesiale per qualche tempo ancora rimarrà imprigionata in un concetto di dialogo con Cesare meno attento all’annuncio del Logos fatto carne.

Quindi, da dove si può ripartire assieme agli uomini di buona volontà?Anzitutto provocando Cesare ad una verità che è fondativa per ogni potere che ha la pretesa di servire l’uomo anziché servirsene: se la vita ci è data, significa che ci è stata donata. Se ci è stata donata abbiamo il compito di custodirla. Poiché non siamo monadi, ma esseri sociali, abbiamo il dovere di custodire la vita altrui.

Perché è un bene indisponibile in ogni fase della sua esistenza. Cesare, quando pretende di disporre della vita umana, si trasforma presto in Caino, in Erode, nei tiranni sanguinari apparsi nei secoli fino ai giorni nostri.

Chi oggi si impegna per la giustizia e la pace, deve accettare la traversata nel deserto, e tuttavia ha già lo strumento per trasfigurare la società in una città di Dio: è la virtù della carità.

Benedetto XVI, in Caritas e veritate afferma che «chi ama con carità gli altri è anzitutto giusto verso di loro». E a proposito del bene comune afferma «volere il bene comune e adoperarsi per esso è esigenza di giustizia e carità. Impegnarsi per il bene comune è prendersi cura, da una parte, e avvalersi, dall’altra, di quel complesso di istituzioni che strutturano giuridicamente, civilmente, politicamente, culturalmente il vivere sociale, che in tal modo prende forma di polis. […] quando la carità anima il cristiano, l’impegno per il bene comune ha una valenza superiore a quella dell’impegno soltanto secolare e politico».

Pensiamo ad esempio alla Colletta alimentare che si rinnova ogni anno come ieri, pensiamo alle tante opere di carità sociale che permeano la nostra società in ogni ambito e territorio, e spesso supplenti dello Stato.