12 Febbraio 2007  

Autonomia della fede

Redazione

 

L’editoriale di Gaetano Quagliariello sul Giornale di domenica, prendendo lo spunto dalle polemiche causate dal disegno di legge varato dal governo, relativo alle coppie di fatto, ribattezzato “Dico” per non dire la parola Pacs (suprema concessione alla ipocrisia e alla dittatura dei cavilli lessicali, benemeriti salvatori di capre e di cavoli) coglie alcuni aspetti importanti del rapporto fra la Chiesa e la politica, mutato profondamente in Italia dopo la scomparsa della Dc.

A tale cambiamento ha contribuito certo l’avvento di un Papa polacco che, per la provenienza da una Chiesa sofferente e per una doverosa accentuazione universalistica del proprio mandato, non ha mai capito fino in fondo certe alchimie, talora vere e proprie stravaganze, che governavano le non semplici relazioni tra la politica e la Chiesa italiana.

Tuttavia il titolo “L’autonomia della fede” e l’occhiello “I nostalgici della Dc” non aiutano a capire e potrebbero portare a conclusioni opposte rispetto a quelle che l’editorialista vorrebbe trarre dalla vicenda.
Quagliariello parla indistintamente della Dc, ma le sue considerazioni andrebbero rivolte più propriamente a quel particolare segmento che fu la sua sinistra interna nelle sue componenti più ideologizzate (sinistra politica più che quella sindacale, più De Mita che Donat-Cattin) e che vissero con un certo fastidio quell’unità dei cattolici – peraltro mai elevata a dogma e mai del tutto compiuta – che si realizzò intorno allo scudo crociato.

I mutati scenari internazionali determinati dal crollo del comunismo, simboleggiato plasticamente dalla caduta del muro di Berlino, avrebbero dovuto spiazzare quanti fra i cattolici guardavano a sinistra convinti che “su quel versante si trovassero valori di uguaglianza e solidarietà più prossimi all’essenza del cristianesimo” e far cogliere loro il mutamento genetico della sinistra, divenuta il giardino nel quale seminare ogni erbaccia: l’individualismo, l’edonismo, la deresponsabilizzazione.

Al contrario, la saldatura avviene ora ed ha come condizione la labilità delle rispettive identità.
Rosy Bindi non è affatto nostalgica della Dc proprio perché rivendica l’autonomia non della fede ma dalla fede, portando a compimento una cattiva lettura di Maritain che fa diventare l’auspicata distinzione fra il temporale e lo spirituale una separazione più profonda della fossa delle Marianne.

Dal suo volto rotondetto traspare più la soddisfazione per avere levato lo castagne dal fuoco a Prodi (dessert per il matrimonio nel Partito Democratico dell’attuale coppia di fatto Margherita-Ds?) che la sofferenza per non essere capita dalla Chiesa. Il paragone fra i cattolici adulti alla Bindi (e Prodi) con De Gasperi, che pure ebbe a soffrire nella Chiesa, è semplicemente blasfemo. Perché De Gasperi si sarebbe tirato in disparte se non si fossero superate le incomprensioni sulla “operazione Sturzo” e questi invece ricordano quei bravi manzoniani indicati da Renzo Tramaglino che “quando n’hanno fatta una più grossa del solito, camminano con la testa più alta, che par che gli s’abbia a rifare il resto”.

Per questo essi eluderanno il bivio indicato da Quagliariello (“entrare in conflitto con le ragioni della loro fede o fare chiarezza e pagare il prezzo della rottura definitiva dell’Unione”).
Tu chiamali, se vuoi, cavilli lessicali. Ci penseranno loro a chiamarli “capacità di sintesi fra culture diverse”.