Basta!
“Basta alle minacce da parte degli estremisti”, è il grido di Afshin Ellian, intellettuale iraniano, residente in Olanda e docente presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università di Leiden, dopo l’assassinio del regista Theo van Gogh il 2 novembre 2004.
“Basta con tutti questi uomini che vogliono dominare il lessico religioso per impartire ordini sul comportamento degli esseri umani. Non mettetevi anche voi. Non sacralizzate un’interpretazione umana, ma giudicatela per quel che è: un’inammissibile incitazione alla violenza contro le donne!”, esclama l’antropologa francese Dounia Bouzar, esponente di punta dell’islam francese, prima donna membro del Consiglio francese del culto musulmano.
“Mi sento insultato!” esclama Naser Khader, deputato danese di origine siriana, a proposito delle reazioni spropositate degli estremisti islamici a seguito della pubblicazione delle vignette sull’islam sul quotidiano Jyllands-Posten. Anche la tunisina Raja Benslama nell’articolo Reazioni da vignetta alle vignette, l’intellettuale del Bahrein Omran Salman in I musulmani dovrebbero ringraziare il quotidiano danese, assumono posizioni altrettanto forti e critiche ricordando ai “ soldati dell’inquisizione araba” l’importanza e il valore dell’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo sulla libertà di espressione. “No ai loghi islamici che profanano l’islam” esclama Magdi Allam dalle pagine del Corriere della sera il 19 febbraio 2006, ricordando agli estremisti islamici che prima di mobilitarsi contro gli occidentali che ironizzano sulla loro religione dovrebbero opporsi con altrettanta veemenza ai loghi di movimenti come i Fratelli musulmani, Hamas e gli Hezbollah che raffigurano il Corano, luoghi religiosi accanto ad armi.
Irshad Manji, cittadina canadese nata in Uganda, pone ai musulmani l’inquietante domanda: “Quando abbiamo smesso di pensare?”, interrogativo che dà il titolo al libro che l’ha fatta conoscere al mondo intero. La Manji è tra l’altro un’inarrestabile promotrice di una riforma dell’islam che, per usare le sue parole, “non significa dire al musulmano medio cosa non deve pensare, ma accordare a un miliardo di fedeli il permesso di usare la propria testa. Una riforma che corrisponde a restituire l’islam ai musulmani. Il suo è un appello alla libertà del singolo, al recupero dell’umanità dell’islam. Tra l’altro non va dimenticato che Irshad Manji si dichiara pubblicamente lesbica sottolineando che non esiste alcuna contraddizione tra l’essere musulmano e l’essere lesbica.
Non a caso “Basta all’omofobia!”, alle condanne contro gli omosessuali, è il grido del Manifesto delle libertà promosso dal franco-tunisino Fethi Benslama, docente di psicanalisi all’Università di Paris VII Jussieu. A lui si unisce l’algerino Malek Chebel che, nel suo Mondo arabo: la cultura dell’efebo, ricorda che nella storia del mondo arabo poeti e scrittori erano omosessuali e hanno esaltato i “diversi” senza per questo essere perseguitati o condannati.
Lo stesso Fethi Benslama è autore di un pamphlet dal titolo significativo Dichiarazione di non sottomissione. Quasi a ricordare che nonostante il significato della parola “islam” sia “sottomissione”, quest’ultima non debba essere una sottomissione al giogo degli uomini che sostengono di rappresentare l’islam. Anche in questo caso è un appello alla rivalutazione della ragione umana, della libertà personale.
“Certamente non tutti i musulmani sono terroristi, tuttavia è con dolore che affermiamo che la maggior parte dei terroristi nel mondo sono musulmani”, così scrive Abd al-Rahman al-Rashed, ex direttore del quotidiano arabo internazionale Asharq al-awsat e attualmente direttore della tv satellitare al Arabiya, all’indomani della strage alla scuola di Beslan il 3 settembre 2004. E’ un grido di rabbia e dolore perché, come si legge nell’articolo, i terroristi “sono le persone che danneggiano l’islam”. E’ un grido che assume un valore aggiunto in quanto proviene da un musulmano saudita, figlio di quella nazione che ha partorito il principale terrorista dei nostri tempi, Osama Bin Laden, e la maggior parte degli attentatori dell’11 settembre.
Da tutti questi esempi appare evidente come la maggioranza sinora silenziosa dei musulmani e degli arabi liberi abbia finalmente deciso di alzare la voce per porre fine alla prepotenza, allo strapotere degli estremisti islamici e all’atrocità del terrorismo. Quasi ad esclamare, come ha ironicamente fatto l’intellettuale egiziano Sayyid al-Qimni: “Grazie… Bin Laden!” che ha consentito di mettere in evidenza il male insito in alcune interpretazioni devianti dell’islam e al contempo di attuare un’autocritica volta al miglioramento del mondo arabo e musulmano.