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In gran parte dell’Europa le intercettazioni sono pratica comune ma i cittadini sembrano ignorarlo. La “maglia nera” di chi ne fa un uso maggiore – e talvolta ne abusa – ce l’hanno Italia, la Gran Bretagna e i Paesi Bassi. Ma perché per molti europei, a differenza degli americani, essere intercettati non rappresenta un problema?

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Per gli europei fare le ramanzine all’amministrazione Bush su qualsiasi cosa, da Guantanamo alla guerra in Iraq alle prigioni segrete della CIA, è stato un lavoro a tempo pieno. Ma quando in America è scoppiato lo scandalo sulle intercettazioni telefoniche senza mandato ordinate da Bush, dall’altra parte dell’Atlantico c’è stata una reazione curiosa: il silenzio. Dov’era finita l’indignazione europea?

Il self-control mostrato dagli europei su questo tema potrebbe derivare dal timore di essere giudicati degli ipocriti. Il fatto è che in gran parte dell’Europa le intercettazioni sono una pratica comune – e vengono utilizzate di più, con maggiore regolarità, e con meno controllo che negli Stati Uniti. La maggioranza degli europei lo ignora o più probabilmente non gliene importa niente. L’uso delle intercettazioni telefoniche in Europa non è uno strumento nuovo, generato sull’onda delle passioni dopo le bombe di Londra e Madrid. I governi europei hanno tenuto sotto controllo i telefoni dei loro cittadini per decenni. In teoria, la Convenzione Europea dei Diritti Umani vieta “le intercettazioni arbitrarie” ma, come abbiamo imparato negli Stati Uniti, l’arbitrario è solo nell’orecchio di chi intercetta.

I tre peggiori Paesi nella classifica degli europei che fanno più intercettazioni in apparenza non sembrerebbero luoghi in cui avreste il sospetto che si giochi al tira e molla con le libertà civili: la Gran Bretagna, l’Italia e i Paesi Bassi. I pubblici ufficiali italiani eseguono decine di migliaia di intercettazioni ogni anno. Tecnicamente, per farlo è richiesta l’approvazione del potere giudiziario, ma dato che i giudici in Italia hanno una funzione investigativa, nel senso che agiscono come i nostri pubblici ministeri, in sostanza non viene applicato alcun controllo sulle prerogative che la legge ha d’intercettare.

In Gran Bretagna, la polizia ha uno spazio di manovra ancora più semplice per le intercettazioni telefoniche. Il ministro degli Interni, un ministro del gabinetto, approva tutte le intercettazioni telefoniche. I giudici non hanno nulla a che fare con esse. Oppure, per dirla all’americana, immaginate che il nostro segretario della Homeland Security autorizzi le intercettazioni di chiunque ritenga conveniente – senza fastidiose domande da parte dei media e del Congresso. Gus Hosein, analista per Privacy International, calcola che, dato il numero di intercettazioni in Gran Bretagna, il ministro degli interni approva una nuova intercettazione telefonica ogni pochi secondi. “Ovviamente, è impossibile farlo con l’attenzione di cui ci sarebbe bisogno”, spiega Hosein.

La Gran Bretagna ha di recente istituito un “Commissario delle Intercettazione delle Comunicazioni”, ma ne ha limitato l’autorità; il suo lavoro principale è verificare il numero di intercettazioni annuali. Gli unici inglesi al sicuro dalle intercettazioni sono i membri del Parlamento, anche se dopo gli attentati di Londra c’è stata una tendenza a revocare questa immunità. L’atteggiamento lassista inglese sulla privacy telefonica risale al 1920, quando il governo inglese divenne proprietario della compagnia di telecomunicazione pubblica. Per la corti inglesi non è stato necessaria l’approvazione delle intercettazioni, dal momento che, in un certo senso, il governo avrebbe dovuto chiedere a se stesso tale approvazione.

I Paesi Bassi hanno il più alto tasso di intercettazioni di qualsiasi paese europeo, un fatto sorprendente, dato che parliamo di un Paese conosciuto più per gli accoglienti coffee bar che per le tattiche invasive della polizia. Le forze dell’ordine olandesi possono mettere sotto controllo qualsiasi telefono, a condizione che il reato in esame comporti una pena detentiva di almeno tre anni.

Come ha scritto Marc Perelman su Foreign Policy, anche la Francia, il più grande critico europeo di Washington, ha brutte abitudini in materia di intercettazioni: “Oltre a quelle ordinate per via giudiziaria ci sono anche le ‘intercettazioni amministrative’ decise dalle agenzie di sicurezza sotto il controllo del governo”. Perelman sostiene che la maggior parte dei francesi conoscono queste politiche, ma non sembrano curarsene, nonostante in passato ci siano stati casi di abusi evidenti. Il più importante è stato lo Scandalo dell’Eliseo – che ha preso il nome dal palazzo in cui il defunto presidente Francois Mitterrand aveva istituito una stanza per l’ascolto sotto-copertura. Gli agenti segreti di Mitterrand intercettavano le chiamate dei suoi nemici politici: avvocati, uomini d’affari, giornalisti, e persino l’attrice e modella di Chanel Carole Bouquet. Tutto questo avvenne a metà degli anni Ottanta, ma è emerso solo recentemente, e 12 cospiratori sono stati chiamati in giudizio. Quel che c’è d’interessante – e inquietante – nello scandalo dell’Eliseo è che, a quei tempi, le autorità francesi avevano giustificato la sorveglianza come uno strumento necessario per combattere il terrorismo.

In uno dei più bizzarri casi di “euro-intercettazioni”, la polizia greca ha ammesso che 100 linee telefoniche di cellulari furono messe sotto sorveglianza nel corso dei Giochi Olimpici di Atene del 2004. Stranamente, tutti coloro che furono presi di mira erano legati alla sicurezza nazionale, compreso il primo ministro Kostas Karamanlis. Vodafone, la compagnia telefonica, venne a conoscenza delle intercettazioni quando i clienti iniziarono a lamentarsi di non ricevere più i loro messaggi e le chiamate. Un’indagine ha rivelato che qualcuno aveva installato il software spia. Non è chiaro chi stesse intercettando o perché.

La polizia europea non solo ascolta le conversazioni dei cittadini, ma ha accesso ad altre modalità di uso del telefono. Il Parlamento europeo ha approvato delle norme che richiedono alle società delle telecomunicazioni di conservare i numeri di telefono e i registri Internet dei clienti per un massimo di due anni. La direttiva è stata approvata in tempo record, nonostante le obiezioni degli operatori di telefonia e dei fornitori di servizi Internet (tutto ciò che va registrato è costoso), nonché dei sostenitori della privacy. Ciò significa che le autorità europee possono sapere non solo che cosa è stato detto in una telefonata, ma chi c’era all’altra estremità della cornetta e dove si trovava. Gli Stati Uniti hanno esercitato forti pressioni rispetto alle nuove politiche europee, considerando che le società di telecomunicazioni in questo Paese non hanno nessun tipo di obbligo di registrazione.

Quando si tratta di informazione rivolta ai consumatori, gli europei tutelano molto più ferocemente degli americani la loro privacy. Le imprese europee non possono legalmente condividere o diffondere la maggior parte delle informazioni sui consumatori, e i casi di furto di identità sono molto meno comuni. Allora, perché gli europei sono così disinvolti quando si tratta di intercettazioni governative? Una ragione è che a volte le intercettazioni funzionano. Quando Osman Hussain, uno dei sospetti del fallito attentato del 21 luglio 2006 a Londra, è fuggito dalla Gran Bretagna, la polizia ha tracciato i suoi spostamenti – attraverso tutto il Regno Unito, in Francia e poi in Italia, dove è stato arrestato – intercettando il suo telefonino.

C’è anche una spiegazione culturale. Gli europei tendono a fidarsi più nel dare le proprie informazioni private ai governi, che di quelle date alle grandi corporations. Così, mentre non si sognerebbero mai di divulgare il numero della propria carta di credito a un venditore telefonico, lo consegnano volentieri a un impiegato del governo. Lo Stato è visto come un’entità più benevola rispetto a quelle avide aziende americanizzate.

E gli europei non hanno alcun equivalente della Costituzione americana, che sancisce il diritto degli individui di essere liberi dalla coercizione del governo. Hosein, l’esperto di Privacy International, attinge a queste tradizioni costituzionali quando spiega perché gli europei non rabbrividiscano davanti alle intercettazioni che atterriscono gli Americani. In Europa, osserva, ci sono un sacco di gruppi di pressione in lotta per i diritti dei consumatori, ma pochissimi che fanno lobby per conto dei cittadini. Non esiste alcun equivalente europeo dell’ACLU (American Civil Liberties Union) che respinga le intrusioni del governo. Così, la prossima volta che sarete in Europa, sentitevi liberi di dare il numero della vostra carta di credito, volenti o nolenti. Basta stare attenti a quello dite al telefono.

Tratto da Slate

Traduzione di Maria Teresa Lenoci