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L’Italia vuole e può essere al centro del rilancio politico del «progetto Europa» per i Balcani. Ecco perché nella politica estera italiana l’attenzione verso quest’area gioca un ruolo importante, se non decisivo. Determinante in questa scelta non è stata solo la vicinanza geografica, ma anche gli interessi strategici, economici, di sicurezza, e i legami storici con i Balcani Occidentali (Albania, Serbia, Montenegro, Macedonia, Kossovo, Croazia, Bosnia, Slovenia ecc.). Utilizzando una metafora  calcistica si può dire che i nostri avversari siano la Grecia e la Germania, ma anche Russia e Cina. La Germania, insieme all’Italia, è il principale partner commerciale dei Paesi balcanici, con più di 30 mila aziende che investono in un’area di forte e radicata presenza economica, sia in termini di interscambio che di investimenti finanziari nelle public utilities. La presenza cinese nella penisola è sempre più marcata e aggressiva. Da tempo Pechino investe in Grecia, Serbia e Croazia: il settore delle infrastrutture marittime è quello privilegiato, potendo contare sulla presenza di porti come quello croato di Rjeka. Pechino ha addirittura venduto un’intera flotta mercantile al Montenegro, ha ottenuto l’appalto per costruire un ponte sul Danubio in Serbia e ha edificato una centrale idroelettrica in Macedonia. La Russia, infine, punta tutto sulla collaborazione energetica.

L’Italia dal canto suo ha una “relazione speciale” con Albania, Kossovo e Macedonia: il Belpaese ha avuto un ruolo cruciale in alcuni momenti chiave della recente storia balcanica come la stabilizzazione dell’Albania prima e dopo la guerra civile del 1997, la guerra in Kossovo nel 1999, le tensioni in Macedonia e Montenegro; facciamo invece più fatica a stabilire dei legami dello stesso tenore con la Croazia, la Bosnia-Erzegovina e la Slovenia. I rapporti con i Paesi dell’area balcanica occidentale rappresentano una propensione “naturale” nelle linee di azione della politica estera italiana, per tradizione politica, collocazione geografica e affinità  culturali. Quel che accade nelle regioni a ridosso dell’Adriatico ha immediati riflessi sia sulla sicurezza interna che sulle relazioni esterne dell’Italia. Roma ritiene che la chiave di volta per la definitiva normalizzazione e stabilizzazione dell’area risieda nel coinvolgimento di tutti i Paesi del Sud-Est europeo nel grande progetto di costruzione europea e nel patto di sicurezza atlantica. Questi aspetti sono stati recentemente ribaditi nel Piano in 8 punti per i Balcani occidentali promosso dal Ministro Frattini in occasione del Vertice UE-USA a Praga nell’aprile 2009. L’adesione della Slovenia alla UE, i negoziati aperti con la Croazia, così come l’ingresso nella NATO di Albania e Croazia nel 2009, rappresentano gli ultimi sviluppi del percorso euro-atlantico dei Balcani Occidentali.

Le relazioni strategiche dell’Italia nei Balcani Occidentali. Oltre a rappresentare un’area d’interesse prioritario sul piano politico e della sicurezza, lo sviluppo economico dei Balcani è altresì una straordinaria opportunità  per il “Sistema Italia” nel suo complesso, offrendo ampi margini di rafforzamento commerciale ed industriale, in particolare nei settori strategici dell’energia, delle telecomunicazioni, delle infrastrutture e del sistema bancario. Gli imprenditori italiani stanno già  investendo nell’energia dei Balcani Occidentali: Macedonia e Montenegro, Albania e Dalmazia croata, Slovenia e Istria ne sono i principali fornitori.

L’Adriatico potrebbe “restringersi” con nuovi metanodotti e linee di alta tensione posate sul fondo del mare. L’idea di una centrale atomica italiana in Albania – già lanciata da Giulio Tremonti sulle pagine del quotidiano economico “il Sole 24 Ore” – non è nuova. Ma non sono solo gli italiani ad essere interessati al nucleare balcanico. I greci non guardano di buon occhio allo sviluppo dell’atomo a un passo dal confine, e l’eurodeputata greca Maria Elena Kopà (del Pasok di Gorge Papandreu) ha protestato a Strasburgo contro il progetto di una centrale da costruire a Durazzo. Sulla carta ci sono altri progetti per rigassificatori, oleodotti, centrali di ogni tipo e tecnologia. In Albania l’Enel aveva avviato trattative per una centrale a carbone, e la siciliana Moncada per un grande (e contestato) impianto eolico. Terna sta progettando, insieme con i governi di Slovenia, Croazia, Montenegro e Albania, grandi cavi elettrici sottomarini verso l’Italia. Per non dire del “braccio nord” di South Stream, l’ambizioso progetto di un gasdotto realizzato in tandem dall’italiana ENI con la russa Gazprom che dovrebbe portare il gas del Caucaso dal porto di Varna in Bulgaria fino all’Austria e di lì in Europa, attraversando i Balcani.

Il ministero italiano dell’Ambiente ha sviluppato accordi per investimenti italiani nel settore dell’energia e dell’ambiente con i Governi di Serbia, Albania, Bosnia Erzegovina e Montenegro. Secondo un censimento realizzato da ambientebalcani.it, un sito che raccoglie i bandi e i progetti di investimento energetico (secondo il “Clean Development Mechanisms” del Protocollo di Kyoto) sono in ballo più di 120 progetti italiani e altri in arrivo. Si tratta di decine di centrali idroelettriche o a biomasse, di moltissimi interventi sulla rete elettrica e sull’illuminazione pubblica e di microimpianti che producono corrente elettrica sfruttando i gas di fermentazione delle discariche, di centrali eoliche e così via.

La delocalizzazione delle attività che necessitano di consistente manodopera ha spinto per molti anni l’imprenditoria italiana a scegliere i paesi dei Balcani occidentali per godere dei vantaggi delle economie di scala e di scopo. Oggi, considerando l’avvicinamento dei Paesi balcanici all’Europa (pensiamo alla Slovenia) e gli incentivi all’imprenditoria estera (il caso della Serbia), secondo alcuni osservatori ci sarà uno spostamento dei flussi d’investimento verso i mercati balcanici più prossimi all’Italia. La scelta di internazionalizzare si rivela quindi una strategia consolidata per le imprese che hanno un’alta capacità di penetrazione finanziaria e che ottengono vantaggi dall’esportazione delle proprie conoscenze, come sono abituate a fare le multinazionali.

Tralasciando la produzione in serie di beni di uso comune, la piccola e media impresa italiana nei Balcani può trovare non solo una sinergia produttiva e di delocalizzazione, ma anche un mercato aperto e in certi casi vergine per nuovi investimenti. Basti pensare agli ammodernamenti, sia fisiologici che normativi, delle infrastrutture e dei siti produttivi presenti dall’altra parte dell’Adriatico, necessari a entrare nell’Unione Europea (acciaierie, cementifici, centrali per la produzione di energia, strade, ferrovie ecc.). A volte però l’imprenditoria italiana si trova in difficoltà perché non ha la giusta e necessaria copertura e assistenza da parte delle Ambasciate estere. Ciò che manca, forse, è una rete istituzionale che permetta di operare cautelativamente favorendo le imprese.

Albania. L’Albania è il paese balcanico che più degli altri ha legami storici con l’Italia, sia dal punto di vista dei rapporti economico-commerciali, che da quello linguistico, con una grande diffusione della conoscenza della lingua italiana. L’Italia ha fatto molto in questi anni, sia sul piano bilaterale che multilaterale, per facilitare il cammino dell’Albania verso una maggiore stabilità  economica e sociale. Il Governo di Tirana si è impegnato ad attrarre maggiori investimenti esteri, migliorando il climate business del Paese e combattendo fenomeni diffusi come l’economia informale e la corruzione. L’Italia è il primo partner commerciale del Paese delle Aquile, con una quota pari a circa il 35% dell’intero commercio, ed è altresì il primo investitore per numero di imprese e primo donatore bilaterale. Nell’ultimo decennio l’imprenditoria italiana ha conseguito un notevole livello di radicamento nel mercato albanese, detenendo tuttora il primato tra le presenze straniere, con circa 400 piccole e medie imprese che operano prevalentemente lungo la costa adriatica e nella parte occidentale del Paese. Da segnalare anche la presenza del sistema bancario italiano, che può contribuire all’ulteriore espansione delle relazioni economico-commerciali bilaterali trainate oggi dai settori dell’energia e delle infrastrutture.

Bosnia-Erzegovina. L’Italia partecipa attivamente al processo di avvicinamento della Bosnia-Erzegovina alle strutture europee ed euro-atlantiche. Nel 2009 il nostro Paese si è confermato terzo partner commerciale di Sarajevo (dopo Croazia e Germania) con un interscambio che ha ormai superato il miliardo di euro. Quanto agli investimenti, essi appaiono in aumento: accanto ai consolidati interessi commerciali si registra infatti una crescente tendenza dell’imprenditoria italiana alla delocalizzazione produttiva nel Paese. Importante è, in tal senso, l’esempio fornito dall’Unione degli Industriali della Provincia di Venezia (Unindustria) per la creazione del parco industriale di Brcko – un ampio distretto di produzione e distribuzione – che sarà occupato principalmente da imprese italiane specializzate nel settore meccanico, agro-alimentare, del legno e delle costruzioni. Il processo di avvicinamento potrà  trovare ulteriore stimolo dall’accresciuta presenza sul mercato bosniaco di significativi gruppi bancari italiani che gestiscono il 32% complessivo del settore creditizio del Paese.

Croazia. L’Italia svolge un ruolo determinante anche in Crozia. A partire dal 2009 le relazioni bilaterali beneficiano di un nuovo quadro di riferimento con la firma di un Memorandum di cooperazione che prevede, accanto a un regolare dialogo sui temi dell’attualità  internazionale, una collaborazione strutturata in specifici settori quali l’economia, l’industria, l’energia, l’ambiente, le infrastrutture, l’agricoltura, l’istruzione e la ricerca. Il nostro Paese è stabilmente il primo partner commerciale di Zagabria, la città che funge da primo esportatore e primo mercato di sbocco dei prodotti croati. L’interscambio commerciale bilaterale ha ampiamente superato i 4 miliardi di euro. Sotto il profilo degli investimenti diretti l’Italia si colloca al settimo posto, con uno stock complessivo che, tra il 1993 e il 2009, ha raggiunto quota 988,7 milioni di euro. Il settore bancario e dell’intermediazione finanziaria è stato sinora quello più attraente per gli investitori italiani: nel periodo che va dal 1993 al primo trimestre del 2009, oltre i due terzi (67%) degli investimenti italiani realizzati in Croazia si è concentrato nel comparto.

Serbia. Le relazioni economiche con la Serbia sono eccellenti e saranno ulteriormente sviluppate nel quadro istituzionale della Dichiarazione di partenariato strategico sottoscritta a Roma il 13 novembre 2009 in occasione del primo Vertice bilaterale fra i due Paesi. Con un interscambio commerciale di quasi 2 miliardi di euro nel 2008, l’Italia è il terzo partner di Belgrado, alle spalle di Russia e Germania. Negli ultimi anni si è registrata una marcata accelerazione degli investimenti italiani in Serbia, che ha avuto come effetto la creazione di un rapporto privilegiato con Belgrado. Tra le principali operazioni andate a buon fine riveste un ruolo di primo piano l’intesa tra FIAT Auto e il Governo serbo per la creazione di una nuova società  co-partecipata (70% al gruppo italiano e 30% al Governo di Belgrado) per la produzione di autovetture presso il polo automobilistico di Kragujevac, nell’area dell’ex Zastava. Particolarmente rilevanti anche le prospettive di investimento nei settori dell’energia e delle infrastrutture: la presenza di grandi banche (tra cui Unicredit e Banca Intesa-San Paolo) contribuirà a stimolare ulteriormente gli investimenti nel Paese. Nell’agenda dell’imprenditoria italiana sono previsti accordi nei settori energetico, trasporti e infrastrutture, agricoltura e ambiente. Tutti campi per i quali le imprese italiane mostrano grande interesse per le opportunità di sviluppo economico.

Montenegro. L’Italia conta di sviluppare relazioni sempre più intense con il Montenegro, che trovano il settore trainante nel comparto energetico. Nel 2009 si è registrata una intensificazione dei contatti fra le imprese delle due sponde dell’Adriatico, soprattutto tramite missioni di imprenditori italiani interessati alle risorse montenegrine. Particolare rilievo assume l’investimento del gruppo italiano A2A per l’acquisizione del 43% dell’ente elettrico EPCG, grazie al quale l’Italia si pone ora al primo posto tra i Paesi investitori. L’interconnessione elettrica che unirà l’Italia e il Montenegro, in corso di realizzazione da parte di Terna, colloca questo Paese al centro della nostra strategia energetica nei Balcani. Le relazioni economico-commerciali bilaterali testimoniano un trend positivo: nel 2008 l’Italia è stata il secondo partner commerciale dopo la Serbia, col ruolo di secondo fornitore e il primo Paese acquirente (46% sul totale delle esportazioni montenegrine). Grande impulso all’economia è dato anche dalle esportazioni di alluminio della KAP di Podgorica: 129 milioni di euro, ovvero più di un quarto delle esportazioni totali.

Macedonia. Nell’ex Repubblica Iugoslava di Macedonia il proseguimento del processo riformista e i buoni tassi di crescita registrati dal 2002 hanno testimoniato un miglioramento della situazione socio-economica. Nel 2009 l’Italia è stato il quinto partner fornitore nonché quinto acquirente di Skopje, con una quota di mercato stimata intorno al 7,4%. Il Paese offre alcune interessanti opportunità d’investimento grazie alla sua posizione geografica strategica, ai costi competitivi della manodopera e ai numerosi incentivi e agevolazioni di tipo fiscale concessi dal Governo. Dal 1997 al 2009, lo stock degli investimenti italiani in Macedonia ammonta a circa 70 milioni di euro. Secondo dati ICE, sono operanti nel Paese oltre 150 imprese italiane o miste nei settori calzaturiero, edile, agroalimentare, tessile, meccanico, del legno e commerciale. Buone prospettive d’investimento si delineano principalmente in campo energetico, nella componentistica per auto, nell’industria alimentare, nella meccanica e nella “new economy”.

Kosovo. Il 21 febbraio 2008 l’Italia ha riconosciuto la Repubblica del Kosovo in coordinamento con i principali partners internazionali ed in linea con la maggioranza dei Paesi UE, stabilendo contestualmente relazioni diplomatiche con Pristina. Il nostro Paese ha intrapreso una progressiva penetrazione commerciale, malgrado l’economia locale presenti ancora diversi limiti. Interessanti, comunque, le opportunità  d’investimento nel settore delle telecomunicazioni e nei servizi postali/bancari. Circa gli investimenti italiani, seppur contenuti per volume, si registrano alcune operazioni nel settore dei trasporti, dell’industria agro-alimentare e metallurgica, oltre che nel tessile e abbigliamento.