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Per anni ci hanno ripetuto che il libro, dopo secoli di onorato servizio, è destinato a una rapida scomparsa. Poi, dato che l’e-book stentava ad affermarsi, qualcuno ci ha ripensato. Umberto Eco – insieme al cineasta francese Jean-Claude Carrière – ha affidato la difesa dell’oggetto a un’opera dal titolo quanto mai eloquente: Non sperate di liberarvi dei libri. La carta stampata, sostiene (a ragione) il semiologo, resta lo strumento più semplice e naturale per leggere, e non sarà certo internet – con una valanga di testi pronti ad essere scaricati – a distruggere le macchine stampatrici. Oggi gli esperti concordano: libro cartaceo e libro elettronico si avviano sulla strada della (pacifica?) convivenza, e se le opere da consultazione – dizionari, manuali, enciclopedie – saranno presto materiale informatico, per lungo tempo ancora saggi e romanzi troveranno un porto sicuro nel libro di carta [1].

Comunque la pensiate, la discussione sul futuro del libro lascia il tempo che trova: che io legga il bestseller del momento su un tomo di seicento pagine o su un e-book reader, non fa molta differenza. Sulla “Domenica” (inserto culturale de “Il Sole 24 Ore”) del 24 ottobre 2010, Nicola Lagioia ha spiegato chiaramente il concetto: “Chiedersi cosa ne sarà della letteratura con il cambiamento del supporto di cui ci serviremo per leggere è un falso problema”, scrive il giovane scrittore barese, in quanto il vero supporto della letteratura è “il cervello umano”. La letteratura non è fatta di carta, o di pixel, ma di linguaggio, e “il linguaggio è la forma di comunicazione più astratta e sofisticata a disposizione perché è l’unica che per esistere non necessita di un supporto che sia fuori di noi”. Dalle narrazioni omeriche al XXI secolo, è sempre bastato “un cervello di sapiens sapiens” [2].

Dalle preoccupazioni per l’oggetto materiale, gli apocalittici sono passati allora al contenuto. Se le nuove tecnologie non uccideranno il libro, dicono, di certo uccideranno la narrativa, almeno così come la conosciamo. Nel corso della storia, il romanzo è stato condannato a morte da svariati personaggi: l’ultimo, in ordine di tempo, è lo scrittore americano David Shields, autore di un libro – Fame di realtà. Un manifesto – appena pubblicato in Italia per i tipi di Fazi. L’opera di Shields, che consiste in un’imponente raccolta di frammenti (pochi pensieri originali e molte citazioni da grandi autori del passato), è un attacco frontale alla forma narrativa tradizionale, che considera noiosa e incapace di rappresentare la realtà del XXI secolo. Una realtà fatta di internet e reality show, prodotti con cui il romanziere si troverebbe inevitabilmente a competere.

In un articolo pubblicato sulla “Domenica” del 10 ottobre 2010, Shields giustifica così il proprio manifesto: “Trovo che quasi tutte le mosse del romanzo tradizionale siano incredibilmente prevedibili, stanche, artefatte e sostanzialmente inutili. Non capisco cosa dovrebbero rivelare della condizione umana”. Secondo lo scrittore “viviamo in un mondo post-narrativo, del post-romanzo”, e “le trame sono per gente morta”: da qui la convinzione che “le forme esistono per servire la cultura e quando muoiono, lo fanno per una buona ragione. Il romanzo è morto. Lunga vita all’antiromanzo, fatto di frammenti”. Già, perché per Shields la narrazione tradizionale dovrà lasciare il posto a un collage frammentario, fatto di appropriazioni (indebite?) da altre produzioni artistiche: insomma un “gran minestrone di voci”, senza trama, senza personaggi, senza narratore. [3]

La pubblicazione di Fame di realtà ha suscitato un interessante dibattito sui giornali italiani. Sul “Corriere della Sera” del 20 ottobre 2010 è Alfonso Berardinelli a smorzare gli entusiasmi per il manifesto di Shields: “Non mi sembra di intravedere rivoluzioni letterarie all’orizzonte, se non quelle introdotte dalle tecnologie informatiche. Quando i media della comunicazione cambiano, prima o poi le nuove abitudini suggestionano tutte le arti”. Ciò detto, continua il critico, “ogni autore farà quello che vuole e che sa fare meglio”: del resto, “Marinetti è invecchiato più rapidamente di Kafka e Svevo”. In altre parole, molto prima che Shields nascesse, il romanzo ha fronteggiato e sconfitto svariate rivoluzioni avanguardistiche. Risultato? Quelle avanguardie (e l’antiromanzo di Shields le ricorda molto) riposano impolverate sui libri di storia, mentre il romanzo vive e lotta con noi.

A parer mio, la critica più convincente alle tesi di Shields resta però quella di Mariarosa Mancuso su “Il Foglio” del 24 ottobre 2010. Fame di realtà, riassume la giornalista, “sostiene che nell’era di internet tutto appartiene a tutti, valgono il campionamento e la citazione, l’originalità non è più un valore”, e che il nuovo romanzo deve fare i conti “con la vita in diretta, via Facebook e YouTube”. Bene, Shields però dimentica “che Shakespeare non ha mai scritto una storia originale, e che il problema lo avevano già affrontato gli scrittori del Settecento”. Altro che manifesto dirompente: già Defoe spacciava Robinson Crusoe per una storia vera, e “i romanzi epistolari allora tanto di moda fingevano la vita in diretta, senza l’intervento del romanziere”. La nuova letteratura di Shields, insomma, “assomiglia come una goccia d’acqua a quella che ha deliziato i lettori nei secoli passati”.

Nel dibattito relativo a Fame di realtà, un posto a sé lo merita il già citato intervento di Nicola Lagioia sulla “Domenica”. L’autore, che risponde a Shields utilizzando la stessa forma frammentaria predicata dallo scrittore americano, ricorda anzitutto come la narrazione tradizionale sia alla base di quelle forme espressive (reality show, telefilm, ecc) con cui il nuovo romanzo dovrebbe competere: “La letteratura è la vera eminenza grigia celata dietro alle forme più popolari di rappresentazione”, scrive Lagioia, e per rendersene conto basta pensare alle migliori serie tv americane, che “hanno tutte una matrice balzachiana ‘sporcata’ da un po’ di sano realismo tardo novecentesco”. E allora, viene da chiedersi: è il romanzo a doversi adattare a queste nuove forme espressive, come crede Shields, o è la tv contemporanea ad essersi adeguata alle forme narrative del passato?

Lagioia spiega poi come il romanzo non abbia affatto esaurito il suo racconto del mondo, perché “la guerra ai tempi di Tolstoj è diversa dalla guerra ai tempi di Beckett. L’amore ai tempi di Saffo è diverso dall’amore ai tempi di Amici di Maria De Filippi. Non tutte le storie sono state già scritte”. Ogni epoca ha i suoi amori e le sue guerre, diverse dagli amori e dalle guerre passate e future: agli scrittori il compito di raccontarle. Un’intuizione che è alla base di un libro fondante per la cultura occidentale, quel Mimesis di Eric Auerbach che, a metà del Novecento, ci ha spiegato come nella produzione letteraria di ogni autore – da Dante a Virginia Woolf, passando da Rabelais e Balzac – si celi una rappresentazione della realtà in cui l’autore vive. Torniamo, insomma, al concetto espresso da Lagioia: ogni autore avrà sempre qualcosa da raccontare, perché la realtà è in continua evoluzione. [4]

Lo scrittore apre la sua replica a David Shields con un altro spunto interessante: “Come la letteratura rivoluzionerà la rivoluzione digitale a proprio uso e consumo?”. Lagioia non risponde, ma il tema – ossia come la letteratura possa influire sull’evoluzione tecnologica – merita certo un approfondimento: già esistono, infatti, casi in cui è stata la narrativa a determinare migliorie tecniche. Il romanzo consiste di norma in un testo molto lungo e, proprio per questo, faticoso da leggere sugli schermi retroilluminati dei computer e dei tablet di nuova generazione (l’iPad, a parer mio, non può dunque essere considerato un valido e-book reader). Che fare, allora? Amazon, produttrice del lettore digitale Kindle, si è adattata alla peculiarità del romanzo utilizzando un nuovo inchiostro digitale che non affatica gli occhi: ecco un caso in cui la narrativa ha cambiato la tecnologia.

Il rivoluzionario “inchiostro” del Kindle (e dei reader Sony) è prodotto dall’americana “E Ink Corporation”, e – stando a quanto i progettisti hanno spiegato alla rivista “Pc World” – può essere considerato “un’innovativa fusione di chimica, fisica ed elettronica per creare un nuovo materiale”. Innovativa davvero: per la prima volta, leggere un testo elettronico è esattamente (o quasi) come leggere la pagina di un libro cartaceo. Ma il sistema letterario ha portato Amazon a importanti innovazioni anche sul fronte dello scambio dei testi: peculiarità del libro cartaceo, infatti, è quella di poter essere prestato ad un amico o “noleggiato” in biblioteca. Da qui le indiscrezioni secondo cui il più grande bookstore elettronico al mondo starebbe per attivare il prestito degli e-book ai propri amici, per 14 giorni, al termine dei quali il testo tornerà tra i file legittimo proprietario.

Come si sarà intuito, penso che il romanzo (così come lo conosciamo oggi) sia destinato a lunga vita. Ciò non toglie, però, che ci siano altri modi per raccontare una storia. Esemplare, in questo senso, è un libro dell’illustratrice americana Leanne Shapton appena pubblicato da Rizzoli: Importanti oggetti personali e memorabilia dalla collezione di Doolan e Harold Morris, compresi libri, abiti e gioielli. La Shapton voleva raccontare una storia d’amore finita male, e fin qui niente di nuovo; sorprendente è invece il modo in cui ha deciso di farlo, e cioè attraverso un catalogo di oggetti – tutti fotografati e descritti minuziosamente – pronti per essere messi all’asta. Al lettore, dunque, il compito di ricostruire le gesta di Doolan e Harold, interpretando liberamente le loro vicende a partire da fotografie, libri, lettere, vestiti e oggetti di uso quotidiano che hanno segnato il loro amore.

Il libro della Shapton è straordinario, molto più suggestivo di un romanzo fatto di frammenti (come quello proposto da Shields), e certo rappresenta bene una realtà contemporanea dominata dall’immagine in tutte le sue forme. Chissà, forse altri scrittori e artisti seguiranno l’esempio dell’illustratrice americana, ma iniziative simili non sembrano certo in grado di sostituire un corposo bestseller nelle preferenze dei lettori di massa. Il perché, supportati da critici importanti, lo abbiamo già detto: il romanzo tradizionale ha ancora molto da raccontare, le menti degli scrittori sono piene di personaggi che devono ancora nascere. E non saranno frammenti sparsi a segnare la morte di un racconto fatto di un inizio, uno svolgimento e una fine, tre momenti che segnano anche la vita di ogni uomo. Ecco, per questo i lettori non si stancheranno dei romanzi: perché sono concepiti a nostra immagine e somiglianza.

Note:

[1] Sullo “scontro” tra libri e nuove tecnologie, Rizzoli ha recentemente pubblicato È un libro dell’illustratore Lane Smith: pensato per i bambini, il volume è un divertente spunto di riflessione per tutti. Su YouTube, la casa editrice Macmillan ha caricato un breve corto animato ispirato al libro.

[2] Sull’evoluzione della lettura nei secoli, dal racconto orale arcaico alla lettura borghese e democratica di fine Ottocento, consigliamo la splendida raccolta di saggi Storia della lettura, pubblicata per i tipi di Laterza a cura di Guglielmo Cavallo e Roger Chartier.

[3] Sul quotidiano inglese “The Independent”, il 14 maggio 2010 Julie Wheelwright sottolinea come Shields si sia concentrato anche “su un problema che editori e scrittori hanno colto in ritardo”, ossia come “la crescita della scrittura per il web, i blog e i reality show stiano avendo un grande impatto sulla modalità di lettura dei romanzi”. Il tema, in realtà, non è nuovo: svariati linguisti, da anni, studiano i riflessi dell’ipertestualità e dei nuovi media sulla lettura e sull’apprendimento.

[4] È chiaramente impossibile rendere conto qui del contenuto e delle implicazioni filosofiche dell’opera di Eric Auerbach. Per una panoramica, inevitabilmente lacunosa, di Mimesis si rimanda alla pagina dedicata al saggio sulla versione inglese di Wikipedia.

 

Bibliografia:

– E. Auerbach, Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale, Einaudi 2000
– A. Berardinelli, Un altro manifesto contro il romanzo, “Corriere della Sera”, 20/10/2010
– U. Eco e J. Carrière, Non sperate di liberarvi dei libri, a cura di J.P. De Tonnac, Bompiani 2009
– N. Lagioia, Quante storie abbiamo da raccontare, “Domenica”, 24/10/2010
– M. Mancuso, Riciclaggio letterario, “Il Foglio”, 24/10/2010
– L. Shapton, Importanti oggetti personali…, Rizzoli 2010
– D. Shields, L’intreccio fatto a brandelli, “Domenica”, 10/10/2010
– D. Shields, Fame di realtà. Un manifesto, Fazi 2010

 

Sitografia:

– Il corto animato tratto da It’s A Book di Lane Smith è disponibile all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=x4BK_2VULCU.

– Una panoramica di Mimesis di Eric Auerbach: http://en.wikipedia.org/wiki/Mimesis:_The_Representation_of_Reality_in_Western_Literature

– L’inchiostro elettronico di Amazon, e suoi possibili utilizzi: http://www.pcworld.com/article/159218/amazon_kindle_2_its_all_about_the_e_ink.html

– Il sito dell’illustratrice americana Leanne Shapton: http://leanneshapton.com/