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La sfida tecnologica e scientifica, i mutamenti sociali e le trasformazioni culturali stanno impegnando credenti e non credenti a fare di nuovo i conti con l’umano, con la sua identità e la sua dignità. Ed oggi la “questione antropologica”, che non può essere più considerata l’oggetto degli studi e della discussione di filosofi e teologi, ha assunto spessore e sembianze del tutto inediti, investendo molti ambiti del sapere: da quello culturale e morale a quello della ricerca scientifica, dall’ambito psicologico a quello economico, sanitario, giuridico, sia esso di natura amministrativa o giudiziaria. Per la prima volta la questione antropologica si è posta come priorità anche dell’agenda politica italiana. L’ingresso è stato prepotente e per molti aspetti del tutto imprevisto. Ma si può dire che dal dibattito sulla fecondazione assistita al caso di Eluana Englaro la politica sia stata chiamata costantemente e ripetutamente ad intervenire su questioni come la vita, la morte, il rispetto della vita e la dignità della morte che finora erano state relegate ad una dimensione strettamente individuale o al massimo familiare. Non solo. Oggi attorno a tali questioni si è scatenata una feroce battaglia ideologica che vorrebbe collocare su due fronti contrapposti credenti e non credenti. A guardar bene però la realtà è un’altra. Ci si accorge, infatti, che quella battaglia viene combattuta non tra chi ha la fede e chi non ce l’ha, ma tra chi vorrebbe far rientrare la manipolazione dell’umano in una generica e sempre più ampia sfera soggettiva (in cui la volontà è sovrana e chiede conto al diritto positivo di tutelare sempre nuovi diritti della persona), e chi ritiene, invece, che la vita e la morte rientrino in quella categoria dell’umano che, per motivi religiosi e laici, non possono essere regolati dalla politica. Proprio nel bicentenario della nascita di Charles Darwin il riproporsi della “questione antropologica” chiama tutti, mondo cattolico, mondo laico e anche, e soprattutto, mondo politico, ad uno sforzo di riflessione affinché maturi, con uno sguardo ampio, profondo e lungimirante, una nuova “concezione antropologica” che tenga conto dei tempi e delle sfide della modernità. Per questo ci troviamo qui a Norcia: perché la riflessione sull’umano, sulla sua natura e sui suoi limiti, incalzati dal progredire talvolta incontrollabile della scienza, richiede sempre nuovi luoghi di confronto.