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La difesa dell’art. 15 della Costituzione da parte del Pdl contro l’abuso delle intercettazioni non è dovuta a scarsa attenzione alla sicurezza: è dovuta alla persuasione che, in una società libera, il rispetto della privacy è un fine, le indagini sono un mezzo, per quanto necessario, a reprimere il crimine.

L’elefantiasi delle intercettazioni è un segno chiarissimo che i singoli vengono strumentalizzati da una politica che, col pretesto del bene collettivo, sacrifica quasi tutti i beni individuali, salvo quelli di alcuni privilegiati. Ma le vicende degli ultimi 30 anni hanno mostrato che alla lunga anche il bene del Grande Fratello, quando si gonfia troppo, finisce con lo scomparire per implosione. Al tempo del comunismo all’hotel Intercontinental di Praga, dov’erano ospitati gli stranieri, su cinque stanze una era attrezzata per l’ascolto di ciò che si diceva nelle altre quattro. È chiaro che a lungo andare un sistema del genere soffoca se stesso, perché i costi divengono insostenibili.

Nei regimi comunisti, per quanto organizzati con cura, i mezzi finiscono infatti col sopprimere quella stessa organizzazione che li pone in atto. In Italia il caso delle intercettazioni che soffocano anziché aiutare le indagini è emblematico. Quand’anche il modo in cui sono condotte non violasse la privacy il loro costo sarebbe esorbitante. Diviene persino impossibile utilizzarle, perché il giudice che deve decidere non ha il tempo di valutarne i frutti, filtrati attraverso specialisti di vario tipo. Il risultato è che le intercettazioni servono solo a soddisfare qualche curiosità illecita. Che la difesa dell’art. 15 miri a coprire il crimine è una fandonia. La legge in discussione al Parlamento non vieta punto alla polizia di continuare a indagare su tutti (compresa se stessa). Vieta solo l’arbitrio. Il pericolo è, semmai, che la legge venga aggirata moltiplicando le ipotesi di reato e allungando le proroghe con sempre nuovi pretesti.

Circa i rapporti tra accusa e difesa, si tenga presente che la Costituzione e le sentenze della Corte costituzionale equiparano le due parti. Il Pm non è super partes: è anche lui una parte, sia pure sui generis (essendo tenuto a comunicare anche eventuali elementi a discarico). Dunque l’azione contro l’abuso delle intercettazioni è in perfetta armonia con la Costituzione. Quanto alla privacy, che la legge vuol proteggere, essa non è solo un diritto dei singoli, ma anche un interesse della comunità: se il singolo, operando correttamente, raggiunge i propri scopi, anche la comunità ne trarrà un vantaggio. Dovremmo essere più precisi nel definire la privacy: gli americani parlano di un «diritto ad esser lasciati soli». Noi dovremmo dire: diritto di «esser lasciati liberi di lavorare in pace».

(Tratto da Il Giornale)