La delicata partita sulla "Gentiloni 2"
Se il caso Petroni dimostra qualcosa, al di là di ogni dubbio, è l’importanza che la Rai riveste per il governo Prodi. Non la doverosa (e rispettosa) rilevanza che ogni esecutivo responsabile dovrebbe attribuire ad una grande azienda nazionale. Ma, piuttosto, una centralità politica, figlia di quella logica di controllo che a parole si vorrebbe combattere, ma che di fatto il progetto del ministro delle Comunicazioni finirebbe col consolidare.
La partita che si apre con la discussione della proposta di riforma denominata “Gentiloni 2” è delicatissima. E proprio in questa ottica va letta la decisione della Fondazione Magna Carta – che già nei mesi scorsi aveva dedicato all’argomento un paper dal titolo “Dominante per legge o dominante per il mercato?” – di convocare oggi un tavolo di discussione polifonico e trasversale, che analizzi la questione in tutti i suoi molteplici risvolti.
Il pericolo che si profila per l’azienda radiotelevisiva pubblica – e dunque per l’intero sistema dell’emittenza nazionale – è infatti di rilevanti proporzioni. Il rischio è che il blocco che sembra opprimere la Rai diventi irreversibile, a causa del definitivo deragliamento rispetto al percorso dell’innovazione tecnologica; della mortificazione di professionalità che dovrebbero invece essere valorizzate; dell’incancrenirsi del controllo politico di cui il tentativo di rimozione di Angelo Maria Petroni è eclatante rappresentazione.
La legge Gasparri aveva intrapreso un’inversione di tendenza, probabilmente perfettibile. Lungi dal raccogliere la sfida e perseguire la via dell’apertura al mercato e della valorizzazione dell’azienda, la “Gentiloni 2” rischia piuttosto di produrre una involuzione, un ritorno al monopolio, l’allontanamento da qualsiasi logica concorrenziale e da ogni processo di modernizzazione, senza fornire alcuna ricetta efficace per conseguire la liberalizzazione della Rai dalla politica e dal suo condizionamento.
La proposta di contenere l’invadenza dei partiti affidando la nomina del cda ad enti culturali di varia natura è infatti un’ipocrisia: chi conosce il funzionamento degli organismi culturali sa bene che le logiche che presiedono al loro funzionamento non sono meno politicizzate di quelle che emanano dalla politica propriamente detta. Tale trovata, dunque, è solo un pannicello caldo che al controllo diretto sostituirebbe un controllo indiretto, più subdolo e per questo più insidioso.
Se l’opposizione intende contrastare con efficacia il piano del governo, che con la “Gentiloni 1” intende punire i competitori del servizio pubblico, e con la “Gentiloni 2” cerca di giustificare il ritardo accumulato dalla Rai sul versante delle nuove teconologie ponendo le condizioni affinché esso si perpetui, è necessario rifuggire la tentazione di giocare in difesa, proponendo invece un’alternativa che leghi alla modernizzazione la salvaguardia di un grande patrimonio nazionale.
Tale alternativa consiste nel proseguire, pur con tutte le garanzie del caso, sulla via della privatizzazione, prevedendo allo stesso tempo un serio investimento sull’innovazione tecnologica, per superare la statica ipertrofia del servizio pubblico che per un lungo periodo ha reso inevitabile la situazione di duopolio.
Se si perseguirà con coraggio la strada della modernizzazione, il mercato concorrenziale sarà un approdo naturale, e le polemiche sul duopolio resteranno un lontano ricordo senza il bisogno di adottare logiche punitive, e senza che il prezzo da pagare sia il controllo della Rai da parte della politica e il suo conseguente annientamento.