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Pubblichiamo il testo della video intervista condotta da Lanfranco Palazzolo a Gaetano Quagliariello, Presidente della Fondazione Magna Carta, per Radio Radicale. CLICCA QUI per vedere il video.

Palazzolo: Siamo con il professor Gaetano Quagliariello per parlare del secondo turno delle legislative francesi. Lo scenario dell’Assemblea nazionale francese oggi è inedito: vediamo tre grossi blocchi, un po’ come era successo nel 2013 Parlamento italiano, soltanto che qui ci troviamo di fronte a una forma di governo semipresidenziale. Molti hanno parlato di Macron “azzoppato”. Oltre al rimpasto che ci sarà, dove verrà dato ricambio a tutti quelli che non sono stati rieletti nell’assemblea nazionale, che cosa succederà secondo lei? Vedremo la coabitazione? Vedremo Macron azzoppato?

Quagliariello: Lo scenario è assolutamente inedito, ma è uno scenario di transizione. Quindi in qualche modo i paragoni col passato non valgono.

P: Neanche quello con la fine degli anni Novanta?

Q: No, nemmeno quello con la fine degli anni Novanta, perché il sistema francese è un sistema semipresidenziale. Che cosa vuol dire un sistema semipresidenziale? Si tratta di un sistema dove il ruolo del Presidente è molto forte, mentre il presidente del consiglio è fondamentalmente un suo delegato ma deve avere una maggioranza parlamentare. Ciò a differenza di quanto che accade nei sistemi presidenziali come quello americano, dove il potere è diviso, da una parte c’è legislativo e dall’altra c’è l’esecutivo. Dunque un presidente americano coabita e tratta con una maggioranza diversa.

Per quel che riguarda il sistema francese, invece, il Primo Ministro deve a vedere una maggioranza parlamentare. Proprio per evitare casi di coabitazione, il sistema semipresidenziale francese ha subito alcuni anni fa una modifica: prima infatti i tempi di elezione del presidente della Repubblica e del Parlamento non coincidevano, perché il presidente era in carica sette anni mentre i parlamenti cinque.

Questa situazione ha portato, in molti casi, a delle maggioranze differenti. Una maggioranza a livello di Presidente della Repubblica e una maggioranza in Parlamento, che venivano chiamate “cohabitation”. La prima si verificò con Mitterrand. La coincidenza dei mandati, fino ad ora, ha fatto sì che il Presidente avesse sempre una maggioranza parlamentare. Questo caso è un caso diverso: sia da quello che è accaduto fino ad ora con il quinquennato, sia rispetto alle vecchie cohabitation, perché qui non è stata eletta una maggioranza diversa, semplicemente il Presidente non ha raggiunto la maggioranza da solo. Lo schieramento del Presidente per la prima volta non è autosufficiente, però rimane sempre la forza egemone.

P: Il partito di maggioranza relativa così come nella Prima Repubblica era la DC.

Q: Sì, diciamo che nessuna maggioranza si può fare senza di lui. I francesi direbbero che
“Ensemble”, come si chiama lo schieramento che ha sostenuto Macron, è “incontournable”.

Ora Macron ha due scelte: la prima è cercare di formare in Parlamento una maggioranza, diciamo così, coesa, e ovviamente questa dovrà essere una maggioranza di alleanza. Secondo me questa cosa la può fare soltanto spostandosi verso destra e cercando un rapporto con i gollisti: allora Il sistema francese si avvicinerebbe di più a un tradizionale sistema parlamentare. La seconda è fare un governo di minoranza, sostenuto organicamente soltanto dalla sua forza, che di volta in volta cerca poi dei sostegni in Parlamento quando ne ha bisogno sui diversi provvedimenti e anche in diverse direzioni.

P: Quindi in Francia si può fare il governo di minoranza come in Svezia?

Q: Sì certamente si può fare, rimane il fatto che il Governo deve trovare i voti per avere la fiducia parlamentare.

P: Vuole dire qualcosa sulla performance del Rassemblement National? Noi siamo abituati in Italia, quando si passa da un primo turno a un secondo turno, diciamo a sommare le forze politiche. Marine Le Pen ha rifiutato l’alleanza con Zemmour e ha ottenuto un grosso successo.

Q: Questa è un’altra novità di queste elezioni. Le novità di queste elezioni, dal punto di vista diciamo istituzionale e non dal punto di vista della politique politicienne, cioè della politica contingente, sono fondamentalmente tre. La prima è quella che abbiamo detto, ossia che non c’è corrispondenza fra maggioranza presidenziale e maggioranza parlamentare, nel senso che il Presidente non è autosufficiente in Parlamento. Questo, durante il quinquennato, non era mai successo. La seconda novità è che il doppio turno questa volta non ha tagliato le estreme. Il doppio turno aveva sempre penalizzato il Front National e in questo caso non è stato così. La terza novità è il tramonto – non so se definitivo o meno perché non si può mai dire – delle forze tradizionali della Quinta Repubblica. C’era già stato, ma in questo caso è addirittura a tinte fortissime.
I socialisti sono stati in qualche modo inglobati nello schieramento di Melenchon e i gollisti, cioè
la destra, è stata superata dall’estrema destra nella rappresentanza parlamentare. Anche questo non era mai avvenuto. Tutte queste cose fanno della Francia, oggi, un sistema politico in transizione, sia dal punto di vista istituzionale sia dal punto di vista politico. Vedremo dove andremo a finire.

P: La presidentessa del Consiglio resta in sella e se la cava con un rimpasto o…?

Q: Questo dipende dalle scelte del presidente. Se il presidente cercherà una maggioranza organica ovviamente dovrà trattare e dovrà trattare anche sulla presidentessa del Consiglio. Se invece vuole andare a un governo di minoranza probabilmente confermerà questo governo.

P: la scelta del della Presidente del Consiglio, che è un ex socialista, significava forse che Macron era intenzionato ad aprire timidamente a sinistra o comunque fare l’entrista con i rimasugli del Partito socialista francese?

Q: Ma io credo che Macron voglia fare fondamentalmente il Presidente. Come nella scorsa legislatura aveva preso un Primo Ministro che proveniva dalle fila golliste, questa volta ha scelto un primo Ministro che proviene dalle file socialiste. È evidente che riteneva di collocare lì il baricentro del suo quinquennato. È altrettanto evidente che quanto è avvenuto va controtendenza perché fondamentalmente se lui vuole fare un’alleanza, l’unica alleanza organica che gli si propone in questo momento è un’alleanza con i gollisti.
Un’alleanza con Melanchon la può recuperare in tempi molto più lunghi, non nell’immediato.

P: Si era parlato tanto di grande riforma, qualcuno aveva ipotizzato alla fine del tunnel anche l’uscita alla Sesta Repubblica, lei pensa che questa nuova situazione inedita dell’Assemblea nazionale francese spingerà questo Paese a fare delle riforme istituzionali come già si era pensato nella precedente legislatura?

Q: Mi pare che in questo momento Macron ha delle preoccupazioni diciamo più urgenti. Ovviamente non si può escludere che qualcosa maturi nel quinquennio però sa molto bene anche lei che i piani quinquennali fanno una brutta fine. E questo soprattutto i liberali lo sanno molto bene.