05 Febbraio 2009  

L'Italia e il settore energetico: parla il Ministro Scajola

Redazione

Decine di opere importanti bloccate dalle resistenze delle popolazioni locali. Perché, e come uscirne?

Economy lo ha chiesto a Claudio Scajola. ministro dello Sviluppo economico. 

Che cosa pensa dell’idea di offrire compensazioni economiche al territorio, per favorire il consenso?

Le compensazioni sono uno strumen­to utile e giusto, tanto è vero che sono già previste per alcuni grandi impianti energetici. Ma se è vero che molte opere sono ancora ferme, ce ne sono anche mol­te che sono state sbloccate. 

A quali si riferisce?

Abbiamo autorizzato infrastrutture, soprattutto stoccaggi e concessioni di esplorazione, che erano rimaste ferme alla Commissione di valutazione d’impatto ambientale (Via) nel corso del pre­cedente governo. Abbiamo inserito nel Piano nazionale gasdotti opere impor­tantissime come il Galsi per collegare l’Al­geria all’Italia. Il 20 gennaio è stato au torizzato il nuovo rigassifìcatore Enel di Porto Empedocle. 

Le autorizzazioni che da noi richiedo­no anni in altri Paesi le concedono in sei mesi. Che cosa state facendo per ridur­re regole e passaggi burocratici?

Stiamo snellendo le procedure ovun­que possibile e stiamo rafforzando gli uf­fici che si occupano delle infrastrutture strategiche. Per quel che riguarda l’ener­gia. al ministero c’era solo una direzione generale su 22. Nella riorganizzazione entrata in vigore in questi giorni abbia­mo previsto un Dipartimento energia con tre direzioni generali, che potranno se­guire con molta maggiore attenzione e tempestività tutti gli aspetti delle proce­dure energetiche. 

Un problema particolare esiste per il carbone, molto osteggiato a livello locale, anche se i produttori di energia sosten­gono che è «pulito». Lei cosa ne pensa?

A tutti coloro che osteggiano il carbo­ne suggerirei una visita alla nuova cen­trala carbone Enel di Torre Valdaliga. a Civitavecchia. Arrivano tecnici da tutto il mondo a visitarla perché è un esempio di efficienza ambientale: il carbone che ar­riva via nave al molo della centrale viene trasportato attraverso carbondotti chiu­si. i depositi sono anch’essi all’interno. protetti da enormi cupole, le ciminiere sono molto alte e dotate di sistemi che abbattono fortemente le emissioni e si sta pure progettando un sistema di con­finamento del COj nel sottosuolo. Insom­ma, si tratta davvero di «carbone pulito». 

Per la centrale di Porto Tolle, anch’es­sa da riconvertire a carbone, si era ipotizzata una «supplenza» del governo in ca­so di ulteriori ritardi nella concessione della Via. A che punto siete?

Il tema è stato già affrontato in Con­siglio dei ministri e sono in corso gli approfondimenti su cui il ministro dell’Am­biente Prestigiacomo potrà riferire presto in Consiglio. Noi riteniamo che dopo tan­ti anni vada comunque definito il regime di un impianto cosi rilevante. 

A Saline Ioniche, nell’area più povera della Calabria, la Regione ha bocciato un investimento da un miliardo per una cen­trale a carbone che vale il 2% del fabbi­sogno energetico nazionale…

Si tratta di investimenti importanti anche per il territorio e le autorità loca­li dovrebbero comprenderne il signifi­cato. Pur rispettando la Regione, pensiamo che l’esame in sede tecnica possa offrire spazi per una valutazione più compiuta e anche eventuali spunti per un migliore inserimento dell’impianto nel territorio.