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A pochi giorni della fusione di Forza Italia e Alleanza Nazionale e della fondazione del PdL, l’invito di Gaetano Quagliariello a riflettere sui problemi posti dall’agenda del nuovo secolo sullo sfondo della crisi economica globale, può aiutarci ad affrontare alcuni problemi tradizionali della cultura e della politica italiana, che inevitabilmente investono anche il PdL.

L’esistenza di una pluralità di posizioni rispetto a problemi come l’immigrazione, la società multietnica, le questioni bioetiche in una formazione politica che unisce esperienze diverse è positiva, riflette il dibattito in corso nel Paese e merita una riflessione accurata. Il dibattito si è posto anche nel Pd, dove è però divenuto lacerante, ed è in relazione con l’identità italiana e la “modernità”. Uso le virgolette perché il termine “modernità” ha assunto in Italia valenze semantiche diverse, fino a diventare nel secolo scorso una categoria storiografica e politica dove sono stati assemblati insieme in una logica unilineare e progressiva eventi storici completamente diversi, fino a produrre un megaquadro storico nel quale riforma protestante e capitalismo sono uno derivati dall’altro, così come dal capitalismo sarebbe derivato dialetticamente il socialismo e la liberazione dalle vecchie superstizioni religiose. Per esemplificare l’uso che si fa del termine “modernità”, basti considerare che da noi il termine “modernità” non distingue da ciò che gli storici definiscono “early modern period”, il periodo che va dal 1500 al 1800, caratterizzato a grandi linee dalla crescita d’importanza della scienza, dalla Riforma, dalla Guerra dei Trent’anni, dalla rivoluzione commerciale, dalla colonizzazione delle Americhe, dall’età d’oro della pirateria, ma anche dalla caccia alle streghe in tutta l’Europa. “Modernità” è invece il termine usato dagli storici per riferirsi all’era iniziata nel 1800 con la rivoluzione industriale. Le grandi discussioni di fine Ottocento sul capitalismo, di fronte alla nascita del marxismo, che si innestò su una teoria positiva della modernità, hanno strettamente collegato p.e. con Max Weber la nascita del capitalismo e la riforma protestante, e hanno costruito grandi quadri storici totali dove “moderno” tendeva a diventare tutto ciò che si presentava come adeguato alla realtà del proprio tempo. La modernità è diventata così una categoria storiografica e politica, dove la storia viene concepita come una realtà unilineare e progressiva, suscettibile di essere compresa in un quadro unitario. I tempi moderni sono invece l’età della frattura e del conflitto, non della conciliazione. L’uso del concetto di moderno come strumento di valutazione positiva rientra in quella storiografia antropomorfica, nella quale si impiegano in modo ingenuo le categorie di mezzi e fini, risultati e progetti, come se gli eventi storici fossero dominati dal finalismo. Da questo punto di vista il lavoro culturale da fare è enorme e la laicizzazione della nostra cultura ancora ferma a una concezione antropomorfica della realtà dovrebbe essere messo nell’agenda degli intellettuali del centrodestra. 

Nel dibattito sulla “modernità” iniziato nel PdL occorre tenere conto come le retoriche della modernità siano state agite nel secolo scorso non tanto per potenziare lo sviluppo tecnologico-scientifico del paese, ma siano state usate sul piano ideologico al fine di uno scontro politico incandescente con i cattolici causato dall’antagonismo della cultura soprattutto filosofica nei confronti di quella cattolica. Occorre dunque non buttare via l’acqua sporca con il bambino, come si suol dire. Lo stesso stato etico, caro ai gentiliani come ai marxisti, nasce in definitiva dall’antagonismo con i cattolici e può essere evitato, se la politica, come in Inghilterra, non si attribuisce anche il compito di stabilire le credenze dei cittadini. Il caso Englaro è paradigmatico, perché ha richiesto l’intervento della legge e dello stato, mentre in questo caso il cittadino deve prendersi la responsabilità di agire secondo la propria coscienza, senza diventare il paladino di una legge sull’eutanasia. Lo stesso problema dell’aborto, che da noi è legge di stato e un diritto al quale lo stato deve provvedere, in Inghilterra è una scelta individuale e privata. Diverso è il problema dell’immigrazione, risultato della globalizzazione, che va regolamentato dallo stato, caso per caso, secondo l’offerta di lavoro del paese. Occorre soprattutto evitare la tendenza del secolo scorso di definire “moderno” ( o positivo ) tutto ciò che si presenta come caratteristico della realtà del proprio tempo. La società multietnica è un fenomeno principalmente americano, legato alla storia di una nazione-continente immensa, costituitasi attraverso l’immigrazione e il lavoro forzato degli schiavi africani, ma nessuno ci obbliga a seguire il modello americano e questo può essere deciso attraverso una serena discussione politica.

 Vorrei inoltre sottolineare, come ha osservato Raimondo Cubeddu, come l’attuale crisi economica, che non è una crisi di mercato, mostri come le dinamiche della crisi sfuggano agli stati nazionali, anche se il peso dei suoi effetti ricade su di essi. Da questa prospettiva è auspicabile che il PdL, che confluirà nel PPE in Europa, inizi a considerare seriamente il problema di cosa accadrà a Bruxelles nei prossimi mesi, dove si deciderà di adottare nuove regole per le banche, per le società di assicurazioni e la creazione di un grande mercato unificato dell’energia. Poiché Stati Uniti e Cina sono legati per le politiche economiche a doppio filo l’uno all’altra e l’asse Cina-Stati Uniti potrebbe indicare l’agenda internazionale, è auspicabile che il G8 svolga una funziona “decisionale”. In questo contesto è importante l’azione di Berlusconi, un leader postmoderno, come l’ha definito Giuliano Ferrara, uomo del fare, pragmatico, senza pregiudizi, che ha fatto piazza pulita delle impalcature ideologiche del XX secolo. In questo contesto, anche la trasformazione di Fini è positiva e ci fa comprendere, come ha osservato Cubeddu, quanto la politica sia imprevedibile e come richieda cambiamenti, quando il passato condanna alla irrilevanza politica.

Diversamente dal secolo scorso convinto di navigare verso magnifiche sorti progressive, il lavoro da fare è tanto da parte della componente culturale del PdL il cui compito è principalmente laicizzare una cultura italiana ancora arroccata nell’ideologia.

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