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Lotta contro il tempo per il piano di rinascita del nucleare italiano messo in campo dal governo. Il ddl “sviluppo”, teoricamente facilitato da un’ampia delega al governo su questa materia ma intanto appesantito da una miriade di altri provvedimenti (dalle agevolazioni alle reti d’impresa alla class action) è stato approvato ieri dal Senato in seconda lettura e con molte modifiche. Per il nuovo transito alla Camera l’esecutivo prepara un ultimo passaggio blindato e necessariamente rapidissimo: esame a metà giugno dopo la pausa per le europee e varo entro fine mese prima dell’ingolfamento che precede la pausa di agosto. Poi i sei mesi concessi al Governo per esercitare le deleghe. Sfida titanica in tempi stretti, visto che si tratta di definire i criteri di installazione dei nuovi impianti per poi convincere le popolazioni ad ospitarli (anche a colpi di “compensazioni”, da studiare), allestendo l’agenzia per la sicurezza nucleare e stravolgendo (anche con commissariamenti e smembramenti) le strutture della Sogin, che proprio ora cominciava a carburare nella missione di decommissioning del vecchio nucleare italiano, e dell’Enea, appena gratificato dallo status di agenzia per l’efficienza energetica. Tutto ciò per rispettare la pro-messa di aprire i primi cantieri, al-meno per le tre o quattro centrali frutto del recente accordo tra Enel e la francese Edf, entro i quattro anni che ci separano dalla fine della legislatura. Nei dettagli sarà una delibera del Cipe a sancire la tipologia degli impianti, anche se l’accordo tra Enel e Edf («non esclusivo» continua a ripetere il ministro dello Sviluppo Claudio Scajola) assegna già i primi impianti alla tecnologia Epr con la quale si stanno costruendo gli impianti di “terza generazione avanzata” (lontana dalla quarta generazione che dovrebbe risolvere il problema delle scorie riciclandole automaticamente) in Francia ma anche in Finlandia. E questo potrebbe facilitare il percorso iniziale. Che però deve fare i conti con un altro intoppo: la valutazione economica e le alchimie finanziarie da adottare. Va detto che uno schema di soluzione esiste già. E nato all’estero e piace sia ai nostri imprenditori che ai politici. Si tratta del modello studiato in Finlandia per la centrale Epr di Olkiluoto: un mega-consorzio tra gestori (qui da noi sarebbe inevitabilmente capeggiato da Enel) che coinvolga anche un pool di grandi consumatori disposti a partecipare impegnandosi anche a comprare l’energia così prodotta con contratti a lungo termine ad un prezzo prefissato. Si può fare? Forse sì. Ma ci sarà da studiare e negoziare parecchio, anche per fronteggiare tutti i dubbi antitrust che una tale operazione inevitabilmente porrà. Rimane poi il dubbio se il ritorno al nucleare sarà davvero decisivo per risolvere il problema dei prezzi finali dell’energia. Dubbio espresso da non pochi imprenditori ma anche dagli stessi esponenti del Governo, come hanno sottolineato ieri nell’assemblea di Assocarta il vicepresidente di Confìndustria Antonio Costato e il neo-sottosegretario allo sviluppo economico Stefano Saglia (a cui è stata assegnata proprio ieri la delega per l’energia). LE ALTRE NOVITÀ. Nel provvedimento anche la non retroattività della class action. Scattano le agevolazioni per le reti d’impresa Problema di mix di generazione, ma anche di concorrenza tra operatori e gestori ancora da perfezionare, insiste Costato che in ogni caso giudica essenziale il ritorno all’atomo elettrico. Problema di reti che riguardano le regole e i blocchi locali ma anche l’attività di Terna, sottolineano sia Costato che Saglia. Il primo preme perché siano individuati i progetti «prioritari» da sbloccare anche con un intervento diretto delle istituzioni. E Saglia promette di propiziare una «cabina di regia» sui nodi principali da scogliere, a cominciare dalle interconnessioni della rete. Su tutto ciò si snoderà la fase operativa del ddl licenziato ieri dal Senato. Con il suo carico, si diceva, di importanti provvedimenti collegati, e non solo. Tra quelli energetici da citare la contestata “facilitazione” delle estrazioni di idrocarburi anche in Alto Adriatico ma con l’aumento delle royalty per finanziare gli sconti sui carburanti nelle regioni interessate (ma anche in quelle che ospite-ranno rigassificatori) e l’incremento da 5,5 al 6,5% della Robin Tax. Tra le altre ricordiamo le agevolazioni per le reti d’impresa e la non retroattività della class action.

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