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La direttiva comunitaria 2002/58/CE, con riguardo alle comunicazioni indesiderate a scopo di commercializzazione diretta, aveva rimesso agli Stati membri la scelta delle misure da adottare. L’ordinamento italiano ha avuto l’opportunità di scegliere tra due sistemi, quello dell’opt in, dove è necessario un consenso preventivo da parte dell’abbonato, e l’opt out,  dove al contrario è prescritta la necessità di un suo espresso diniego a ricevere questo tipo di chiamate: la direttiva fu accolta in modo restrittivo, introducendo il sistema dell’opt-in.

Questa scelta ha dato vita ad un acceso dibattito nazionale, in considerazione anche delle pesanti conseguenze che la sua applicazione avrebbe portato sia a livello occupazionale e sia sotto il profilo della concorrenzialità del mercato, compiendo una compressione verso il basso. Il sistema dell’opt-in aveva inoltre creato, in Italia, una serie di problemi, essendo divenuto impossibile distinguere con chiarezza chi avesse dato il consenso da chi non lo avesse dato.  

Il legislatore si è mostrato molto sensibile affrontando il tema con un’intensa attività parlamentare: interrogazioni [1], risoluzioni [2] e ODG [3]. Il 30 dicembre 2008 è stato emanato il d.l. n. 207/08 (cd Milleproroghe), convertito dalla l. 27 febbraio 2009 n. 14, che nell’art. 44  ha disposto  la possibilità di utilizzare sino al 31-12-09 [4] i dati raccolti prima del 1 agosto 2005 presenti nelle banche dati costituite sulla base di elenchi telefonici pubblici. Parallelamente però anche l’inviolabile diritto alla privacy non è stato perso di vista dal legislatore, che infatti ha inasprito notevolmente le sanzioni per omessa informativa, fino a prevedere il carcere per il responsabile del trattamento del dato.

Obiettivo del decreto legge 2007/08 era non solo quello di consentire lo svolgimento dell’attività di teleselling su liste “consensate” fino alla data prevista, quanto di ottenere del tempo a disposizione per poter concertare con il Garante della Privacy una soluzione normativa che potesse da un lato salvaguardare la tutela della privacy dei consumatori e dall’altro impedire la perdita di numerosi posti di lavoro (soprattutto tra le giovani generazioni).

Successivamente con l’obiettivo di mettere fine a questa situazione il 20 novembre 2009 con legge n.166 il legislatore ha modificato il regime del trattamento dei dati dall’opt in a quello di opt out. Con tale regola, come detto, è possibile compiere chiamate commerciali solo nei confronti di chi non abbia esercitato il diritto di opposizione, iscrivendo la propria numerazione telefonica in un registro pubblico delle opposizioni, che dovrà essere istituito con DPR.

La bozza di DPR presentata per i rispettivi pareri alle Commissioni Parlamentari competenti prevede che il Ministero dello Sviluppo Economico, a cui è demandato l’onere dell’istituzione del registro, dovrà: consultare i principali operatori; predisporre e attivare le modalità tecniche ed operative del registro; predisporre e attivare le modalità tecniche di iscrizione allo stesso da parte degli abbonati. Tali adempimenti dovranno essere compiuti entro 90 giorni dalla pubblicazione del DPR, decorsi inutilmente i quali l’utente potrà esprimere il proprio dissenso su una sezione appositamente creata nel data base unico.

E’ chiaro che essendo nelle intenzioni del legislatore l’equo contemperamento degli interessi in gioco, volto a garantire il rispetto della normativa sulla privacy in un ambito concorrenziale, in cui possa trovare piena affermazione il principio della libera iniziativa economica, sarebbe opportuno non allungare ulteriormente i tempi di istituzione del registro, favorendo così principalmente le sorti del consumatore, che chiaramente rischia di essere tempestato di telefonate. Infatti la preoccupazione che emerge è che se il registro non verrà istituito nei tempi previsti ci possa essere un ulteriore periodo di confusione che certamente non favorisce nessuno. E’ chiaro che una volta realizzato il registro sarà opportuno che anche gli operatori si attivino, con qualsiasi mezzo, per la diffusione delle informazioni ai consumatori circa le modalità di iscrizione nel registro pubblico del dissenso.

[1] On. M. Fedriga (LNP)

 On. S. Balzelli (PDL)

 On. L. Lazzari (PDL)

 Sen. F. Morri (PD)

 Sen. F. Giambrone(IDV)

 Sen. G. Legnini (PD)

 Sen. M. Filippi (PD)  

[2] On. T. Delfino (UDC)

[3] On. E. Munerato (LNP)

[4] Prorogato poi ulteriormente fino al 25 maggio 2010 con legge 166/2009