Privacy Policy Cookie Policy

Roma. Il senatore Gaetano Quagliariello è nel suo ufficio di Palazzo Madama, non sembra la stessa persona che abbiamo visto lunedì sera in televisione mentre interveniva nell’emiciclo del Senato subito dopo la morte di Eluana Englaro. Pacato, un velo di tristezza gli pesa sugli occhi, un sorriso mite gli attraversa la faccia.

Non le sembra di aver esagerato ieri sera in Aula?

Sono intervenuto sotto l’impulso dell’emozione e anche della stanchezza. Vicende come questa ti entrano nella pelle, nei nervi e nel sangue. Questa notte ci ho ripensato…

Ha dormito?

No. Ci ho ripensato, dicevo, e a mente fredda mi sento di dire che non penso di aver esagerato. Innanzitutto non ho usato la parola “assassini”, non ho detto “l’avete ammazzata” – come alcune agenzie hanno riportato e sono state costrette poi a correggersi -, ho detto “Non è morta, è stata ammazzata”. Oggi potrei aggiungere “legalmente”, ma il discorso non cambia. Quello che è successo a Udine è un’uccisione. E quando abbiamo a che fare con principi che riguardano la concezione della vita e la concezione della libertà, principi che vengono prima di qualsiasi Carta costituzionale, ci vuole rispetto per gli avversari e per i loro convincimenti, ma ci vuole soprattutto rispetto per la realtà, e questo implica il chiamare le cose con il loro nome. Io ho ancora negli occhi quel terribile funerale che fu fatto ad Aldo Moro, avevo diciotto anni, rivedo Papa Montini esangue e distrutto dal dolore portato sulla sedia gestatoria… Quel giorno è morta la Democrazia cristiana. Se qualcuno avesse gridato la verità, quella storia poteva essere diversa.

Mi scusi, non la seguo.

Ieri, come allora, abbiamo corso il rischio dell’ipocrisia. Io ho voluto scongiurarla.

Ha parlato di valori…

principi, non valori. Valori è una parola abusata, ormai inafferrabile.

… di principi che precedono gni Carta fondamentale. In molti, di fronte all’attacco alla Costituzione vi accusano di sostanzialismo, di insensibilità per le istituzioni e per la forma che regge l’ordinamento repubblicano. Come risponde?

Ho talvolta l’impressione che non parliamo della stessa Costituzione. Quella del 1948 non è un totem intoccabile, non lo era neanche per i costituenti, soprattutto nella sua seconda parte. Quella Carta ha anche un’ispirazione cristiana che riconosce la centralità della dignità della persona e credo che pure a una lettura laica sia difficile sostenere che essa consente di privare di acqua e di cibo una persona in fin di vita. È vero, ci sono principi che la precedono, ma non credo che la nostra Costituzione li contraddica. Anzi. Poi è vero, spesso in questa vicenda spesso mi capita di sentirmi un sostanzialista, nel senso che chi aveva ben presente la posta in gioco non poteva fare a meno di ritenere sostanziale che ne discutessero i rappresentanti del popolo, che ogni scelta in materia fosse collegata alla sovranità popolare. Anche se io sono un liberale vecchio stampo e ritengo che la concezione della vita e della libertà non siano vicende che dovrebbero essere oggetto della politica, appartengono a una dimensione privata ed è quello il loro ambito naturale. Ma se succede che investano lo spazio pubblico e mettono in discussione i fondamenti di una civiltà; non ci si può astenere, non si può tenere la testa sotto la sabbia, è necessario scegliere chi se ne deve occupare. E tra il Parlamento, un tribunale o una piccola oligarchia autoelettasi più intelligente degli altri non ci sono dubbi. La beffa atroce è stata che quando finalmente questa discussione è approdata in Parlamento è stata interrotta drammaticamente da quello che è successo.

Lei ha l’impressione che quando da parti opposte citate la Costituzione non stiate parlano della stessa Carta, noi che vi si ascolta abbiamo l’impressione della Torre di Babele, usate le stesse parole, “dignità della persona”, “testamento biologico”, ma intendete cose diverse e avete fini opposti.

La questione della “volontà anticipata” pone un problema serio a un liberale, perché con esse si rischia di legittimare il fatto che la vita sia una pianificazione, e una volta fissata una volontà questa resiste nel tempo e non viene messa in discussione da ciò che la vita ti presenta. La vita così perde ogni meraviglia, ogni sorpresa. E viene sostituita da un determinismo antropologico, tutto è prefissato; per cui viene soppressa la libertà di contraddirsi, la vera libertà che un uomo ha, quella di cambiare idea e di scoprire un’altra dimensione della razionalità, come succede ad esempio quando diventi padre o perdi una persona cara. La libertà è una cosa imperfetta. La volontà anticipata va letta nel contesto terapeutico del dialogo medico-paziente, mi spingo a considerarla come oggetto di una legge in quanto male minore, per evitare gli scempi della vita e della democrazia a cui abbiamo assistito.

Lei ha parlato di ipocrisia, ma anche la sua parte politica ne è accusata. Di più, c’è chi denuncia il vostro cinismo, lo sfruttamento della storia di Eluana per altri scopi.

La politica rischia di triturare tutto. In questo campo sono importanti differenze e precisioni. Nessuno dei disegni di legge presentati, anche il più estremo, consentiva quello che è accaduto a Udine. Il caso Welby non è il caso Englaro, lì c’era una volontà personale e accertata di rifiuto delle cure, qui c’è stata la presunzione fatale di sapere qual era il bene di quella persona, la presunzione di entrare in quello spazio di mistero proprio delle persone che si trovano in situazioni come quella di Eluana, e di determinare quando una vita è degna di essere vissuta e quando no. Capite che questo ha ricadute sociali enormi e che sono i più deboli a correre i maggiori rischi. Quanto allo scontro sulla Costituzione, non c’è dubbio che c’è stato un conflitto istituzionale, così come è in dubbio che è stato utilizzato a freddo dalla sinistra per sfuggire al merito del problema e accreditare un complotto inesistente. Ma il tempo è galantuomo… Oggi, se non fosse morta Eluana, a Roma avremmo avuto due piazze, una in “difesa della Costituzione” e una in difesa della vita, è una contrapposizione che dice del diverso approccio delle due parti. E che dice che il Pdl ha fatto più strada: su questa vicenda alla fine abbiamo riconosciuto principi comuni espressi da uomini con provenienze, culture e religioni diverse.

Cosa resta del radicale che fu in lei?

È un’esperienza che mi ha segnato, tra tutti conobbi meglio Franco Roccella, e che mi è stata di riferimento nella maturità anche per assumere posizioni differenti. È cambiato tutto se non la forza di metterci la faccia. Forza che da avversario oggi riconosco ai radicali. Nessuno di loro, infatti, mi ha dato dello “sciacallo”.

Lei è un laico liberale che si trova schierato a fianco della Chiesa, quella Chiesa che viene accusata di “imporre valori”.

Se si è arrivati a questo punto è perché la Chiesa ha troppo spesso dimenticato i “principi non negoziabili”, detto senza la presunzione di insegnarle il suo mestiere. Qualcuno ha paragonato la conclusione della vita di Eluana alla breccia di Porta Pia. È un paragone sballato: la breccia colpiva la Chiesa, qui viene colpita la civiltà cristiana, che è qualcosa di più ampio. Allora si colpì il Palazzo, oggi si colpisce il Pulpito. La Chiesa stessa si dovrebbe interrogare.

Ma cos’è allora la laicità dello Stato?

Laicità vuol dire che ci sono distinzioni chiare tra la sfera di competenza dello Stato e quella della Chiesa. Ma soprattutto in presenza di una Chiesa plurale come quella di oggi, articolata in istituzione e movimenti, non può e non deve esserci solo separazione. L’Italia poi ha una storia particolare, è l’unico Stato moderno nato contro la Chiesa, ma vi è uno spazio pubblico, dove si formano opinioni e decisioni, nel quale le religioni hanno non solo il diritto ma il dovere di agire.

Torniamo alla legge sul testamento biologico. Non pensa sia stata la dimostrazione della lentezza della politica? Ma soprattutto, non è che è finita qui? Da domani la politica tornerà a occuparsi d’altro?

È vera la prima cosa ed è un rischio la seconda. C’erano confini istituzionali delicati, si poteva farlo prima ma la comprensione che questi temi sono entrati nell’agenda politica è dura da far passare. Io in campagna elettorale ci ho tentato con i miei, ma sono stato sfottuto. Detto questo mi sento di dire che ci abbiamo provato in tutti i modi, non è stato facile trovare l’accordo dell’80 per cento del Pdl su un testo, c’è voluto tempo e ci siamo riusciti. Ma non accetto lezioni da chi, per allungare i tempi, ha proposto l’audizione in commissione di Benigni, Eco, Fuksas, Ozpetek, Marami, Sofri… tutte persone degne, ma il cui parere su questa vicenda vale democraticamente come quello della mia vicina di casa.

Perché un liberale come lei, che ha sempre avuto altri interessi culturali e politici, si è intestardito su questa battaglia?

È stata la conseguenza inintenzionale di un processo di ripensamento intimo dovuto a due fatti, uno privato e uno pubblico. Il fatto privato è stato la morte di mio padre, quello pubblico l’ 11 settembre 2001. Mi sono chiesto il perché di quello che era successo e quali fossero le responsabilità dell’Occidente per quell’evento. Ha presente la frase di Bin Laden “Noi amiamo la morte più di quanto essi amino la vita”? Ecco.

Come finirà in Senato?
Spero che la sua previsione venga smentita. Trasformeremo la legge che dovevamo discutere ieri in mozione di sfiducia per quanto accaduto a Udine ed entro quindici giorni arrriverà in Aula il testo della legge Calabrò. Questa vicenda ha segnato il nostro gruppo e già domani interverrò chiedendo che quello che abbiamo fatto non vada disperso, come mi ha chiesto mia figlia di tredici anni con un sms.

Se intendi commentare l’articolo clicca qui

(Tratto da Il Riformista)