Proposta di riforma dei regolamenti parlamentari
I regolamenti parlamentari di una democrazia “decidente”
L’affermazione di una dinamica bipolare con alternanza fra le diverse coalizioni politiche e con l’indicazione preventiva del capo della coalizione (che di fatto comporta l’investitura diretta del premier), ha mutato profondamente il sistema politico-istituzionale italiano. Peraltro, anche a causa del mancato adeguamento al nuovo contesto della Costituzione, il governo non dispone di adeguati strumenti in grado di consentire l’attuazione del programma sulla base del quale ha ricevuto il mandato degli elettori. Si Ciò determina ad una grave lesione del circuito della responsabilità politica (conferimento del potere, capacità di decisione, controllo e verifica dei risultati) che costituisce il nucleo essenziale di una democrazia governante.
La via maestra per porre rimedio a tale situazione è naturalmente riprendere il processo di revisione costituzionale (bruscamente interrotto con la bocciatura della riforma approvata alla fine della XIV legislatura).
Peraltro occorre non trascurare, come in tale prospettiva un ruolo decisivo possa essere svolto dai regolamenti parlamentari, i quali determinano la concreta configurazione della forma di governo in modo più sotterraneo ma assai più penetrante delle stesse previsioni costituzionali.
In un regime parlamentare caratterizzato dall’alternanza tra schieramenti contrapposti, cioè in un contesto in cui, più che la separazione del legislativo dall’esecutivo, la strategia riformatrice obbligata è la divisione tra il continuum governo-maggioranza, da una parte, e opposizione, dall’altra, che adempie oggi il compito assegnato alla separazione dei poteri da Locke e Montesquieu.
In questa prospettiva, può essere delineata una strategia di riforme che riguardi in primo luogo tre filoni:
– rafforzare la posizione del Governo in Parlamento
– superare la frammentazione parlamentare
– riconoscere il ruolo e rafforzare l’opposizione in Parlamento
Rafforzare la posizione del Governo in Parlamento
Ad oggi, nonostante i miglioramenti introdotti nei regolamenti di Camera e Senato nel corso degli anni ottanta e novanta (che hanno cercato di affermare un maggioritarismo funzionale, cioè basato sulle procedure, in assenza di un maggioritarismo strutturale, basato cioè su norme capaci di garantire a monte la formazione di maggioranze stabili e coese) permane un marcata debolezza del Governo nell’ambito delle dinamiche parlamentari in generale e del procedimento legislativo in particolare, (la posizione del governo italiano in Parlamento rimane forse la più debole nel panorama europeo). Due sono gli aspetti dove tale carattere si manifesta con maggiore evidenza: la fissazione dell’ordine del giorno e il governo dei tempi della decisione.
Si tratta naturalmente di due aspetti cruciali: il potere di determinare l’oggetto e i tempi della decisione rappresenta un elemento decisivo nella concreta configurazione degli equilibri di un sistema istituzionale. Il modello consociativo che ha dominato per qualche decennio il nostro Parlamento si basava ancor prima che sulla legge elettorale puramente proporzionale sulle previsioni regolamentari che precludevano al Governo ogni possibilità di guidare il procedimento legislativo (come avviene, ad esempio, in Francia o in Inghilterra).
Dai regolamenti del 1971, che sublimavano l’impianto consociativo rendendo l’accordo con l’opposizione nei fatti indispensabile ai fini del buon funzionamento delle Camere, sono stati fatti molti progressi. Le modifiche regolamentari degli anni ottanta e novanta, in particolare la riforma del 1997 hanno costituito un parziale rimedio. La programmazione dei lavori ed il contingentamento dei tempi, come oggi disciplinati, consentono in teoria ad una maggioranza numericamente adeguata e politicamente compatta di tradurre il proprio programma in atti legislativi.
Peraltro la scelta compiuta all’epoca, di affidare tali delicati aspetti a decisioni della maggioranza o ad interventi dei presidenti delle assemblee, esaltando la dialettica fra i partiti di maggioranza, non ha consentito che il Governo assumesse formalmente un ruolo di guida dell’attività parlamentare, ed in particolare dei procedimenti legislativi (in modo da esercitare la funzione di comitato direttivo della maggioranza). I fenomeni degenerativi ai quali assistiamo impotenti da anni (abuso della decretazione di urgenza, maxi emendamenti, ricorso frequente alla questione di fiducia) sono anche il frutto di questi nodi non risolti.
I possibili rimedi a tale situazione sono diversi. Fra li altri meritano di essere segnalati i seguenti:
ridefinizione dei meccanismi di programmazione dei lavori delle assemblee, i quali devono riconoscere formalmente che la quota prevalente del tempo di lavoro venga riservata i disegni di legge segnalati dal governo, mantenendo una quota residuale a disposizione dei gruppi di opposizione o alle iniziative legislative di singoli deputati (come avviene in Francia o in Gran Bretagna);
previsione una procedura di esame parlamentare speciale per i disegni di legge del Governo che costituiscono attuazione del programma di governo. In particolare per i disegni di legge prioritari (definizione presente nel regolamento dell’Assemblea nazionale francese) i regolamenti devono prevedere che l’esame si concluda in ogni caso entro 60 giorni dall’assegnazione alle competenti commissioni. Il termine di sessanta giorni è il medesimo entro il quale devono essere convertiti in legge i decreti – legge, e quindi in tal modo dovrebbe essere ridotto l’abuso della decretazione d’urgenza;
Previsione che il Governo, per i disegni di legge prioritari, possa chiedere, durante l’esame in Assemblea, che venga posto in votazione il proprio testo dell’articolo in discussione, se approvato il quale si intendono automaticamente respinti tutti gli altri emendamenti. (Si tratta di una variante del voto bloccato francese, applicato però a livello di articolo dei disegni di legge, poiché la nostra costituzione prevede la votazione articolo per articolo e quindi un voto bloccato sull’intero d.d.l. richiederebbe una modifica dell’articolo 72 della Costituzione);
Superare la frammentazione dei gruppi parlamentari
Un ulteriore profilo di competenza dei regolamenti parlamentari è poi quello relativo ai criteri che governano la costituzione dei gruppi parlamentari. Non v’è dubbio che uno dei fattori di ingovernabilità di questi anni sia stato rappresentato dalla proliferazione dei gruppi parlamentari la cui costituzione è stata autorizzata anche in deroga alle disposizione generali dei regolamenti. La disciplina regolamentare ha finito paradossalmente per rappresentare un incentivo alla frammentazione ed alla proliferazione di sigle politiche. Le più recenti ricerche di scienza della politica hanno addirittura accertato come vi sia una correlazione fra grado di frammentazione del sistema politico e livello della spesa pubblica. Come è stato autorevolmente affermato “c’è una vera e propria tassa associata al voto ai piccoli partiti” (Tito Boeri).
Un intervento sul punto appare pertanto urgente e dovrà sostanzialmente affermare il principio della corrispondenza fra le liste che si sono sottoposte al vaglio elettorale, superando gli eventuali sbarramenti, ed i gruppi parlamentari che legittimamente possono essere costituiti, eliminando le ipotesi attualmente previste dai Regolamenti parlamentari di deroghe alla disciplina generale.
Per evitare che la disciplina regolamentare risulti troppo rigida bloccando per l’intero corso della legislatura la fisiologica dinamica evolutiva dei partiti corrispondenti ai gruppi parlamentare è opportuno che, decorso un certo intervallo di tempo (al fine di evitare apparentamenti elettorali meramente strumentali), sia possibile la costituzione di gruppi e di componenti politiche interne al gruppo misto indipendentemente dalla corrispondenza con le liste ed i simboli presentati alle elezioni purché corrispondenti a partiti presenti sul territorio nazionale.
Riconoscere il ruolo e rafforzare l’opposizione in Parlamento
Innovazioni di tal fatta, che rafforzerebbero significativamente la posizione dell’esecutivo in Parlamento, dovrebbero essere accompagnate dal rafforzamento di alcune garanzie per l’opposizione la quale deve essere messa in grado di esercitare un’indispensabile funzione di stimolo e di controllo. Significativamente negli attuali regolamenti non è nemmeno contemplata la categoria dell’opposizione. Tutta la dialettica parlamentare è dialettica fra i gruppi e non fra maggioranza (o meglio Governo) e opposizione. Occorre pertanto un riconoscimento formale della coalizione di minoranza maggiormente rappresentativa come Opposizione, intesa come controparte organizzativa e funzionale del Governo in Parlamento, distinguendola rispetto ad eventuali altre minoranze. (In una democrazia dell’alternanza l’Opposizione è una vera e propria “istituzione costituzionale”, una sorta di governo potenziale in attesa”).
Numerosi sono gli interventi che possono essere immaginati in questa prospettiva. Tra gli altri:
introduzione della figura del leader o portavoce dell’opposizione (cioè della coalizione di minoranza maggiormente rappresentativa fra i gruppi di opposizione) al quale riservare una posizione privilegiata rispetto agli altri capigruppo di opposizione, con la facoltà di attivare alcuni strumenti di garanzia e di controllo;
previsione all’interno della programmazione dei lavori di due sedute parlamentari al mese dedicate all’esame delle questioni sollevate dall’opposizione. L’opposizione potrebbe chiedere la partecipazione del Presidente del Consiglio ad una delle due sedute;
ampliamento dei tempi a disposizione dell’opposizione nell’ambito delle discussioni in assemblea sui disegni di legge prioritari del Governo;
facoltà per il portavoce dell’opposizione di intervenire sempre in replica dopo l’intervento del Presidente del Consiglio;
facoltà per l’opposizione di chiedere la diretta televisiva per una seduta parlamentare al mese;
composizione paritaria di quegli organi parlamentari che non assumono decisioni di merito ma che esercitano funzioni di garanzia (giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari);
istituzione di un comitato parlamentare bicamerale a composizione paritaria per il controllo sugli andamenti di finanza pubblica.
vincoli alle iniziative emendative del Governo, il quale deve presentare i testi delle proprie proposte con anticipo in modo da renderle concretamente conoscibili dal Parlamento;
eliminazione della possibilità di maxiemendamenti;
potenziamento della funzione ispettiva e di controllo dell’opposizione (premier question time, indagini conoscitive e audizioni nelle commissioni).