09 Febbraio 2010  

Riformare il Welfare per le nuove generazioni

Redazione

Nonostante la retorica giovanilista che contraddistingue il dibattito politico, la verità è che “l’Italia da anni porta avanti una politica che anziché aiutare le nuove generazioni, le penalizza puntando a rafforzare le tutele già esistenti ed evitando di rivedere il sistema in un’ottica di potenziamento del welfare per i giovani”. Parte da qui l’analisi della Fondazione Magna Carta, che individua tre settori nei quali la discrepanza tra “passato e presente” (le vecchie generazioni) e “presente e futuro” (le nuove) è particolarmente evidente: il mercato del lavoro, gli ammortizzatori sociali e le pensioni.

“ Ha ragione Renato Brunetta – continua Magna Carta – quando dice che l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori del ’70 si applica solo ai padri e non ai figli. E ha ragione Pietro Ichino quando sostiene che il punto non è cancellare l’Articolo 18 bensì riscrivere il diritto del lavoro per i figli. La flessibilità in alcuni casi è giusta, sacrosanta, ma in numerosi altri casi viene usata dalle aziende come escamotage per non caricarsi dei costi di un contratto a tempo indeterminato. L’ipotesi sulla quale lavorare per migliorare il sistema e gettare le basi per un welfare del futuro è di prevedere nuovi contratti di lavoro che non si fondino sull’Articolo 18.

“Sul fronte degli ammortizzatori sociali – si legge ancora nella nota della Fondazione –  va anzitutto riconosciuto il grande sforzo del Governo fatto per estendere la misura a categorie che non erano previste dalla normativa. Detto questo però, sarebbe opportuno prevedere una riforma del sistema per far sì che le tutele non dipendano dalla forma giuridica del rapporto di lavoro ma dalla sostanza dello stesso”.

“Infine – conclude Magna Carta – il sistema previdenziale. La Riforma c’è stata ma non è sufficiente. Il paradosso, in quest’ultimo caso, è semplice: per continuare a garantire le tutele agli “anziani” si evita di mettere mano al necessario innalzamento dell’età pensionabile delle donne e non si consente alla previdenza complementare di decollare. Un meccanismo, questo, che grava direttamente sui nuovi assunti. I pensionati di domani”.