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Ho letto con attento interesse le proposte presentate oggi dal governo e dalla maggioranza in tema di riduzione del numero dei Parlamentari e referendum propositivo sulle leggi di iniziativa popolare, sulle quali vorrei esprimere alcune considerazioni. Per quanto riguarda il taglio dei parlamentari non posso che concordare avendo io stesso presentato a nome di “Idea”, tanto nella scorsa quanto in questa legislatura, un disegno di legge che prevede la stessa identica riduzione a 400 deputati e 200 senatori. L’intento della nostra proposta è la razionalizzazione e non il depotenziamento dell’assemblea legislativa, spero che nel corso dell’esame del ddl emerga con chiarezza analogo spirito da parte del governo. In ogni caso, sui numeri e sulla “cura dimagrante” ci siamo. Qualche considerazione in più è invece necessaria per quanto riguarda il tema del referendum. Non nutro alcuna pregiudiziale nei confronti del referendum propositivo, condivido l’idea che alcuni istituti di democrazia diretta possano rafforzare la democrazia rappresentativa, e già dai tempi della commissione che ho presieduto come ministro delle Riforme, come correttamente ricordato nella relazione illustrativa del ddl governativo odierno, ho posto e affrontato il problema di come garantire che le proposte di legge di iniziativa popolare vengano esaminate con certezza e tempestività dal Parlamento, tanto è vero che nella successiva revisione del regolamento del Senato qualche passo avanti in questa direzione è stato compiuto. Sono anche d’accordo, dunque, che in presenza di un determinato numero di firme si fissi un termine scaduto il quale, in caso di inadempienza delle Camere, sia il corpo elettorale a pronunciarsi con un referendum sul testo, che in caso di approvazione diventerebbe legge. Su alcuni aspetti, come ad esempio il numero delle firme, si può discutere e confrontarsi. Ciò che invece ritengo non condivisibile e addirittura pericoloso, in quanto stravolgerebbe l’impianto stesso della forma di governo e della nostra democrazia costituzionale, è l’idea di innescare un meccanismo di conflittualità nel caso in cui il Parlamento approvi la legge di iniziativa popolare apportandovi delle modifiche. Immaginare che dopo aver promosso un processo virtuoso per il quale la democrazia diretta stimola l’attività della democrazia rappresentativa e quest’ultima risponde con tempestività alla sollecitazione, la democrazia diretta e la democrazia rappresentativa vengano messe in contrapposizione di fronte al corpo elettorale, è qualcosa che contraddice alle fondamenta l’asserito proposito di un costruttivo rafforzamento reciproco fra i due istituti. Chi crede nella forza della sovranità dovrebbe avere a cuore l’unicità della sua fonte ed evitare di promuovere conflitti distruttivi tra rappresentati e rappresentanti.