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Non è affatto una sorpresa che il Cardinale Giacomo Biffi, durante gli esercizi spirituali al sommo pontefice e alla curia romana, abbia imperniato la sua riflessione sui profetici scritti di Vladimir Soloviev contenuti ne “I tre dialoghi e il racconto dell’anticristo”. Già nel 1991, durante il Meeting di comunione e liberazione a Rimini, ebbe modo di tenere una appassionata lezione sul medesimo tema, e nel 2005 pubblicò addirittura con Cantagalli un volume dal titolo “Pinocchio, Peppone, l’anticristo ed altre divagazioni”, in cui viene ampiamente trattata anche la tipologia di anticristo rappresentata dallo scrittore russo. Come “Il padrone del mondo” di Robert Benson, “Il mondo nuovo” di Aldous Huxley e “L’abolizione dell’uomo” di C.S. Lewis, “Il racconto dell’anticristo” fa parte di quei romanzi scritti nella prima metà del XX secolo, e capaci di anticipare incredibilmente i contenuti e la società della seconda metà dello stesso secolo, oltre naturalmente all’inizio del secolo attuale . Questi autori hanno scritto così lucidamente e dettagliatamente su questioni che oggi stesso noi siamo sul punto di dover affrontare, altre nelle quali ci siamo appena immersi, ed altre ancora per le quali una immersione già prolungata negli anni ci ha resi ormai assuefatti allo stesso malsano liquido che ci avvolge.

Il romanzo di Soloviev però rispetto agli altri può vantare una particolarità di non poco conto: è stato il primo, in quanto venne scritto attorno alla S. Pasqua del 1900, pochi mesi prima della morte del suo autore. Dopo aver fatto amabilmente colloquiare ne “i tre dialoghi” i suoi personaggi sul male e sulla lotta contro di esso sia in guerra che in pace, Soloviev mette tra le mani di uno dei personaggi (il Signor Z.) un vecchio manoscritto donatogli da un monaco e recante appunto questo “Breve racconto sull’anticristo”. Il Sig. Z., oltre che ai suoi compagni di salotto, lo legge così a tutti noi lettori. Già dall’inquadramento del contesto storico è incredibile leggere da uno scritto del 1900 che “il secolo XX sarà l’epoca delle ultime grandi guerre, delle discordie intestine e delle rivoluzioni… Dopo di che tutto sarà pronto perché perda di significato la vecchia struttura in nazioni separate e quasi ovunque scompaiano gli ultimi resti delle antiche istituzioni monarchiche….. Si arriverà così alla Unione degli Stati Uniti d’Europa”. Ma soprattutto è stupefacente la perspicacia con cui Soloviev descrive la grande crisi che colpirà il cristianesimo negli ultimi decenni del Novecento, cosa che a partire dalle rivolte giovanili degli anni ’60 in nome di un individualismo egoistico, che da allora ha sempre più segnato l’evoluzione del nostro costume e delle nostre leggi, grazie al rifiuto di ogni tipo di autorità, e con la progressiva destrutturazione della famiglia nucleo della società, si è puntualmente avverata.

Ma se gli anni Sessanta e Settanta erano ancora carichi di confusione e polvere (anche da sparo…) creata dalla rivolta, e gli anni Ottanta sono serviti, con opposto disimpegno e varie futilità edonistiche, a far dimenticare quegli anni bui, dagli anni Novanta in poi è partita una nuova epoca. L’epoca dell’anticristo. Infatti, poco più di un solo decennio passato lasciandoci alle spalle le rivolte sessantottine, ci ha fatto credere che tutto il peggio fosse passato. E invece le forze che miravano alla distruzione del cristianesimo si stavano solo riorganizzando. Non con altre P38 e chiavi inglesi, ma molto più scaltramente ed approfittando dell’inebetito (dalla tv) uomo odierno, con doppiopetto e libri. Soloviev sapientemente raffigura nella icona dell’anticristo un personaggio affascinante e di ottima presenza che riesce grazie alle sue enormi doti di pensatore, scrittore, riformatore sociale a influenzare e a condizionare un po’ tutti. Inoltre viene descritto come un “convinto spiritualista”, un ammirevole filantropo, un pacifista impegnato e solerte, un vegetariano osservante, un animalista determinato e attivo. Infine, è anche un esperto esegeta: la sua cultura biblica gli propizierà addirittura una laurea honoris causa di dottore in teologia presso l’università di Tubinga. Soprattutto, si dimostra un eccellente ecumenista, capace di dialogare “con parole piene di dolcezza, saggezza ed eloquenza”.

Ma Soloviev ci ricorda però che quest’uomo “credeva nel bene, nel Dio, nel messia… ma non amava che se stesso”. In lui non è difficile ravvisare l’emblema della religiosità confusa e ambigua di questi nostri anni, più antropocentrica che cristocentrica, vissuta da un uomo che è stato capace di scalare le più alte vette della scienza e della tecnica ma che non riesce a scendere pochi centimetri nel profondo del suo cuore per trarne valori assoluti come il bene, il vero, il bello. Valori che sono vissuti correttamente solo se chi li percepisce e li ama, ama anche Cristo, perché Lui è la verità, la bellezza, la giustizia. L’anticristo invece avversava il “moralismo” che a suo dire era stato portato da Cristo, non accettava l’unicità di Cristo e soprattutto non poteva ammettere in alcun modo la verità del sacrificio della croce, la morte e soprattutto la Sua resurrezione in corpo e spirito. Egli, che nel frattempo viene chiamato da Soloviev “superuomo”, riesce a convogliare a sé un numero sempre maggiore di persone, e promettendo loro la pace universale e la prosperità per tutti, diviene prima presidente a vita degli stati uniti d’Europa, e poi assume il titolo di imperatore romano e regnante assoluto.

L’uomo sembra aver trovato un nuovo Eden, ma un piccolo gruppetto di cattolici, ortodossi e protestanti riusciranno ad obiettare all’anticristo, poco prima della lotta finale: “Tu ci dai tutto, tranne ciò che ci interessa, Gesù Cristo”. Ecco quindi il punto sul quale il Cardinale Biffi, mediante Soloviev, vuole accendere le nostre riflessioni: stiamo correndo il rischio di avere un Cristianesimo annacquato che mette tra parentesi Gesù con il suo sacrificio per noi, la passione e resurrezione. E’ naturale, come si è visto per la recente polemica sui DICO, che dei cristiani buoni per essere accettati in salotti e trasmissioni televisive sarebbero certo meno scomodi e ben più inseriti nella odierna società. Ma così si perderebbe il fine, che è sempre e solo Gesù e la sua realtà sconvolgente di Dio fatto uomo, morto per noi e risorto dalle tenebre per indicarci via verità e vita. Cristo non vuole farsi coinvolgere solo in una serie di buoni progetti o iniziative omologabili con la mentalità dominante, ma vuole tutto il nostro essere proprio come un amante appassionato. Ecco perchè, come ricordava Benedetto XVI, l’amore di Cristo per noi è un impasto di agàpe ed eros. C’è l’amore oblativo, ma c’è anche quello che attira l’amato verso di sé e ne è geloso. Ci sono valori come la solidarietà, l’amore per la pace, il rispetto per la natura, la disponibilità al dialogo con l’altro, che se assolutizzati sradicano o perfino si contrappongono all’annuncio della salvezza datoci da Cristo, pervertendosi così in istigazioni all’idolatria e ostacoli sulla strada della salvezza stessa. Ad esempio il pacifismo e la non-violenza, erroneamente confusi con gli ideali evangelici di pace e di fraternità, finiscono con l’arrendersi alla prepotenza, lasciando senza difesa i deboli e gli onesti.

Se il cristiano quindi, per aprirsi al mondo e dialogare con tutti, preclude la sua connessione personale con Gesù, si ritrova dalla parte dell’anticristo. Ecco spiegato perchè i nostri politici sono stati ultimamente così contestati dalle gerarchie ecclesiali: il loro soggettivismo morale, che li induce a ritenere che sia lecito e perfino lodevole assumere in campo legislativo e politico posizioni differenziate dalla norma di comportamento alla quale personalmente ci si attiene, non è altro che la norma attuata dal “superuomo” di Soloviev. Mentre invece Gesù ci ricorda “non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa” (Mt 10, 34). ed ammonisce: “se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita” (Gv 6,53). Parole che avevano suscitato sconcerto tra i suoi discepoli. E commentando questo passo evangelico, Benedetto XVI riprende: “Di fronte al mormorio di protesta, Gesù avrebbe potuto ripiegare su parole rassicuranti: ‘Amici – avrebbe potuto dire – non preoccupatevi! Ho parlato di carne, ma si tratta soltanto di un simbolo, ciò che intendo è solo una profonda comunione di sentimenti’. Ma no, Gesù non ha fatto ricorso a simili addolcimenti. Ha mantenuto ferma la propria affermazione, tutto il suo realismo, anche di fronte alla defezione di molti suoi discepoli (Gv 6,66). Anzi, egli si è dimostrato disposto ad accettare persino la defezione degli stessi suoi apostoli, pur di non mutare in nulla la concretezza del suo discorso: ‘Forse anche voi volete andarvene?’ (Gv 6,67), ha domandato. Grazie a Dio, Pietro ha dato una risposta che anche noi, oggi, con piena consapevolezza facciamo nostra: ‘Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna’ (Gv 6,68)”.

Concludo con la stupenda e veritiera definizione che lo stesso Cardinal Biffi ebbe per il grande scrittore russo Vladimir Soloviev: “Appassionato difensore dell’uomo e allergico a ogni filantropia; apostolo infaticabile della pace e avversario del pacifismo; propugnatore dell’unità tra i cristiani e critico di ogni irenismo; innamorato della natura e lontanissimo dalle odierne infatuazioni ecologiche: in una parola, amico della verità e nemico dell’ideologia. Proprio di guide come lui abbiamo oggi un estremo bisogno”.