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Superata di slancio la boa di metà percorso. Ieri per la summer school è stata una giornata memorabile. I corsi nella mattinata sono andati avanti senza intoppi, confermando il buon livello dei docenti e l’interesse dei discenti. C’era già attesa, però, per l’intervento che avrebbe inaugurato il pomeriggio: era in programma la lectio magistralis di S.E. Reverendissima Cardinal Camillo Ruini.

L’attesa non è andata delusa. Nella prima parte, per circa quaranta minuti, il cardinale ha intrattenuto l’auditorio sul suo libro edito dall’editore Cantagalli, Verità di Dio e verità dell’uomo. Benedetto XVI e le grandi domande del nostro tempo. Si tratta di un piccolo libro e non di un libretto, come ha più volte ripetuto il cardinale. Perché affronta quanto meno tre nodi epocali. Descrive, innanzi tutto, la sfida insita nella “nuova questione antropologica”, che affonda fino alla messa in discussione dell’essenza dell’uomo e dei suoi fondamenti. Delinea, quindi, i pericoli di questa sfida individuati nella perniciosa alleanza, a suo tempo denunziata già da Giovanni Paolo II, tra democrazia e relativismo. Perché se persino i fondamenti dell’uomo divengono materia di scontro politico e si determinano secondo il principio di maggioranza, automaticamente si annulla la possibilità di fondare il vivere sociale su un minimo di presupposti condivisi e indisponibili. Quindi, al cospetto di questa sfida, il libro illustra la risposta che il pontificato di Benedetto XVI sta provando a fornire: allargare il concetto di razionalità a territori nei quali ragione e spiritualità possano tornare ad incontrarsi.

A questa esposizione ricca e logicamente rigorosa ha fatto seguito un’ora di domande da parte degli studenti e anche di qualche docente. Ruini sui suoi appunti ne ha annotate 13. Non si è mai sottratto. Ha parlato di principi previi, di Welby e dell’accanimento terapeutico, dell’interpretazione del Concilio Vaticano II, della sfida demografica e ha persino abbozzato il suo ideal-tipo di uomo politico. Molte delle risposte contenevano una notevole carica polemica. Ad esempio, quella nella quale egli ha stigmatizzato il tentativo ermeneutico di leggere il Concilio come un nuovo inizio, in opposizione a tutta la precedente storia della Chiesa. Il riferimento alla c.d. “scuola di Bologna” è stato implicito ma non oscuro. Anche se non è stato colto.

Ciò su cui si è invece concentrata l’attenzione dei tanti giornalisti convenuti è stato il riferimento all’aborto, a riprova che la 194 resta un nervo scoperto che fa perdere le staffe anche ai più placidi. Vale la pena ricostruire la sequenza. Una ragazza ha chiesto al cardinale: se la politica è l’arte del compromesso, come può un cattolico conciliarne la pratica con il rispetto di principi non negoziabili? La risposta è stata da manuale: esiste un ambito che, per chi ha fede, non può essere oggetto di trattative. Ma ciò non significa che non vadano accettate, democraticamente, le decisioni della maggioranza anche quando queste sono avverse a quei principi. In quei casi, il credente deve saper restare in minoranza. Non significa neppure, però, che nel caso vi sia la possibilità di migliorare le cose avvicinando ciò che la fede richiede, ci si debba tirare indietro.

A questo punto, ho preso la parola cercando una traduzione empirica delle parole del Cardinale. Gli ho chiesto: di fronte al dramma dell’aborto selettivo e di pratiche eugenetiche che rischiano di sfociare in un nuovo razzismo tanto più pericoloso in quanto legato al senso comune e non a un’ideologia, non sarebbe auspicabile mettere da parte la divisione tra abortisti e anti-abortisti per scrivere insieme dei nuovi principi guida della 194 che tengano conto delle novità tecnico-scientifiche maturate nei quasi quarant’anni che la legge è in vigore? Ruini ha aderito a questa proposta, affermando chiaramente che per la Chiesa l’esistenza della 194 non è in discussione, per quanto un cattolico non possa approvarla. Semmai lo è la sua attualità rispetto a situazioni non previste al momento dell’approvazione.

Mi sarei atteso se non apprezzamento quanto meno un’attenzione critica da parte dei c.d. laici nostrani al cospetto di quest’apertura. E una loro preoccupazione di fronte a derive razzistiche evidenti che dovrebbero turbare i sonni di tutti quanti. Ma, è una vecchia storia, quando il dito indica la luna gli stolti guardano il dito. E così, poco dopo, si è aperta la canea via agenzie di stampa: la Summer School di Magna Carta si sarebbe prestata a una pericolosissima invadenza del potere Vaticano.

Come spesso accade in questi casi, chi vive in prima persona gli avvenimenti dipinti con le tinte più truci li percepisce in tutt’altra luce. A tutti noi Ruini è apparso nelle vesti di un anziano maestro armato solamente della sua saggezza, di una incredibile chiarezza e dell’amore per l’insegnamento. Resta la soddisfazione dei complimenti che ha fatto ai ragazzi alla fine della sua lezione, che nessuna agenzia ha potuto scalfire. Mi ha detto: “le domande non erano semplici. Dimostrano stoffa. State lavorando bene, andate avanti”. E’ stato sufficiente per essere soddisfatti. Oggi provvederemo a rispondere alle polemiche, almeno alle più insensate.

(Intervento pubblicato su “L’Occidentale” del 5 settembre 2007)