02 Dicembre 2009  

Victor Zaslavsky è stato prima di tutto un maestro di libertà

Redazione

Ho incontrato Victor Zaslavsky nel mio cammino di studente universitario. La mia passione per la Russia ne ha fatto da subito un naturale punto di riferimento, umano e intellettuale. Una fonte inesauribile di sapere, e di saggezza. Da Victor ho imparato due cose. La prima è la libertà. La libertà di chi non l’ha avuta, e l’ha cercata, voluta e onorata. Lontano da casa, lontano dalle origini, portate con sé ovunque con passione, e assieme con dignitoso distacco. In America, in Canada, in Italia. Victor ha fatto della libertà una vita.

Il secondo valore che ho appreso da lui è il liberalismo. Inseparabile dalla libertà, il liberalismo di Zaslavsky è stato adamantino, e inconfodibile. Ne ebbi una consapevolezza abbagliante sin dal mio primo contatto avuto con lui, allora mio professore di sociologia. Lo avvicinai, e gli chiesi cosa pensasse di Soljenitzin. Io vivevo, allora giovane studente di scienze politiche e rapito dall’ineffabile magia dell’anima russa, nel mito di una Russia ideale, romantica e trascorsa; la Russia delle betulle in inverno, e di poesia straziante e disperata.

“Proshly vek”, “secolo scorso”, mi rispose Victor, in russo. Ci misi un po’ a capire il senso. Quando capii, fu quella la mia prima lezione di liberalismo. Soljenitzin rappresentava il fascino di una Russia antica, spirituale e religiosa, ma per questo ideologica e mitizzata. Una Russia ancora sospesa tra reazione e totalitarismo. Victor mi ha insegnato a guardarla attraverso le lenti del buon senso, e della storia. A vedere, dietro le ombre del mito, la minaccia dell’estremismo, come la lusinga fallace della nostalgia. Il suo giudizio di Soljenitzin era lapidario ma non sbrigativo, tutt’altro. Racchiudeva la filosofia dei liberali doc. La demistificazione che guida l’intelletto liberale, ancorato a una percezione della storia e dell’umanita’ che rifugge dai miti e dalle ideologie. Per affermare l’uomo nella sua aspirazione massima: la liberta’.

Con Victor Zaslavsky sento di aver perso non un professore, ma un vero maestro. Di vita. Uno di quei rarissimi maestri capaci di insegnare le battaglie piu’ nobili e dure – le battaglie per la libertà – con la pacatezza di un animo buono, gli occhi soffusi di dolcezza e intelligenza, e l’accento inconfondibile di un russo verace eppure cosmopolita. Quando la vita mi ha portato sino in Tasmania, per le mie ricerche universitarie, l’amicizia e l’incoraggiamento di Victor mi hanno accompagnato sin lì. Ricordo la sua ultima email, in cui mi scrisse della tenerezza che provava per la Tasmania, dove era stato tanti anni fa, e dove sperava di tornare, magari quest’anno. Speravo anch’io, di riabbracciarelo qui. In una terra libera e verde.  Una terra che non poteva non affascinare Victor – un po’ Russia, un po’ America.  E semplicemente, pacatamente libera.