12 Dicembre 2011   •  News

Cameron contro la Tobin Tax

Redazione

La Tobin Tax fu ideata dall’ominimo economista James Tobin negli anni 70, la proposta era quella di tassare dello 0.1% tutte le transizioni finanziarie, e destinare i proventi della tassa, a piani di sviluppo economico-sociale per Paesi che si trovavano in situazioni di povertà estrema. Per tutti questi anni, la proposta di Tobin è rimasta inascoltata e, a dire il vero, anche poco pubblicizzata, fino a che non è arrivata ai tavoli di discussione degli Euro-Boss. Sembra infatti che la recente rottura tra il Regno Unito di Cameron, e l’Europa degli ormai soliti noti Merkel e Sarkozy, sia fortemente motivata dalla paventata possibilità di inserire questa tassa per tutte le transizioni finanziarie che si svolgono all’interno dell’UE (Regno Unito compreso).

Va precisato, che ai buoni propositi sociali di Tobin, si siano sostituiti quelli degli esattori dell’Unione Europea, tutt’altro che convinti di destinare i proventi della tassa a Paesi bisognosi, ma piuttosto dell’idea di mantenere liquidità per l’enorme macchina burocratica europea. Sui media locali, Cameron fa la figura del guastafeste anti-Europa, ma la sua scelta ha in realtà origini razionali e tutt’altro contrarie alla crescita.Nel 1984, infatti, la Svezia aveva introdotto tasse che passavano dall’1 al 3% su tutte le transazioni finanziarie (comprare e venedere azioni, bond, prodotti finanziari, assicurativi ecc..). Il risultato non si era fatto attendere: oltre il 60% dell’intero volume di scambio si era trasferito off-shore. Circa il 50% si era spostato a Londra e l’utilizzo di alcuni strumenti finanziari di “sicurezza” – che permettono alle aziende di assicurarsi su eventuali spostamenti del tasso di cambio, come futures era sceso del 98%.

Il problema, inoltre è che non erano solo le banche a investire in Borsa, ma rimangono sopratutto le aziende gli attori piú incentivati a utilizzare prodotti finanziari per difendere, mantenere e aumentare il capitale. Aziende che portavano entrate allo Stato svedese grazie agli utili. Aziende che davano da lavorare a migliaia di persone (pensiamo a Volvo). Aziende, che, grazie alle “mini” tasse, si trasferirono all’istante in altri Paesi, comportando per lo Stato svedese un numero minore di entrate rispetto a quando le famose “mini” tasse non c’erano proprio. Una Tobin Tax, quindi, potrebbe funzionare solo e soltanto se tutte le piazze finanziarie del mondo si mettessero d’accordo per applicarla. Soluzione impossibile e ugualmente non auspicabile: in questo contesto globalizzato, non sono infatti più solo le aziende a competere, ma anche gli Stati nazionali e tra questi c’è, per fortuna, ancora qualcuno che non vuole uccidere definitivamente il mercato.