Cattolici e res publica
«[…] la religione ha una dimensione pubblica e il non riconoscerlo è un grave errore». Queste le parole del presidente della Cei – Angelo Bagnasco – in occasione del recente Forum di Todi, che ha riunito molte realtà appartenenti alla variegata costellazione dell’universo cattolico italiano. È una riflessione stringente quella di Bagnasco, soprattutto da quando a più livelli il pubblico apprezzamento della classe dirigente nazionale tocca le quote minime dell’ultimo ventennio. Sono stati in molti, nella nostra realtà politica, a chiedersi sulla scia di questa e altre prese di posizione della Chiesa cattolica se sia tornato il momento di vedere risorgere un partito sullo stile della vecchia Dc.
Parrebbe piuttosto auspicabile in primis la presa di coscienza di una questione ancora aperta: finita senza rimpianti credibili l’era delle grandi ideologie in cui la dottrina politica si contrapponeva spesso ai valori cristiani si è conclusa per tale via anche l’esperienza della Dc. I cattolici italiani si trovano però talvolta disorientati dalle diverse correnti del consenso elettorale. Non è comunque dalla fede che si possono dedurre – a mio credere – né la struttura, né tantomeno i programmi di un partito. Non va dimenticato nell’esprimere tali considerazioni in modo responsabile che non tutte le culture politiche sono accettabili per un cristiano. Per il cattolico è soprattutto basilare, oggi come un tempo, restituire un’anima e un contributo di equità alla stessa politica, in modo che essa sia in primo luogo ricerca del bene comune. Ognuno sceglierà poi a chi assegnare la propria preferenza, poiché nessun partito si può appropriare del cristianesimo. Importante è che l’elettore conservi però sempre un approccio valutativo che superi tanto il dogmatismo ideologico quanto le logiche che conducono alla prevalenza dell’interesse soggettivo su quello pubblico.
La questione, dal punto di vista politico, è che ci si serve spesso dei cattolici ai fini del consenso: come è accaduto anche per le polemiche legate alla presenza del crocefisso nelle scuole. Già nel 1927 – in una temperie difficile per il nostro Paese – Pio XI esortava però a considerare la politica come la più alta forma di carità umana, nell’ottica cioè del servizio verso la pluralità. Nel solco di tale auspicio i cristiani devono sentirsi adesso più che mai chiamati ad avere coraggio nell’essere critici verso quanti sfruttano la res pubblica in nome di particolarismi e strumentalizzazioni. Non si dovrà quindi ricostruire un partito cattolico tout-court, oppure uscire dalla Storia per rifare la Dc. Luigi Sturzo invitava a suo tempo a considerare piuttosto lo stesso Vangelo come impulso di riflessione riformista ed espressione di risolutezza nella sfera comune e particolarmente in quella sociale: una valutazione che alla luce del nostro presente appare – per il cristiano senza eccezioni – di impellente attualità.