
I giovani imprenditori modenesi fanno il tifo per il federalismo
“I giovani impreditori modenesi sperano che il federalismo porti meno pressione fiscale sulle imprese, incentivi per le neo imprese (in particolar modo se costituite da giovani) e sburocratizzazione a tutti i livelli. In questo modo le nostre imprese, e di riflesso la nostra Regione, potranno essere più competitive sul mercato globale”. Davide Malagoli, Presidente Gruppo Giovani Imprenditori di Modena spiega così l’importanza di uno dei provvedimenti più importanti dell’agenda economica del Governo.
Le previsioni nazionali e internazionali sullo stato della crisi sono quotidianamente contrastanti. Il tessuto di Pmi nel territorio modenese come ha affrontato la crisi? Sono visibili i primi segni di ripresa economica?
Il nostro territorio ha reagito tenendo l’impresa al centro: gli industriali hanno continuato a credere alle loro imprese e al lavoro dei propri dipendenti. In questo momento sembra che ci sia qualche segno di ripresa rilevato soprattutto da chi è più impegnato sui mercati internazionali, ma sono convinto che da sole le imprese non possano rispondere alla crisi. Esse devono potere contare su un sistema-Paese che le sostenga e supporti in un processo di crescita costante per non essere travolte dai competitor stranieri e per potere andare efficacemente alla conquista di mercati esteri.
Uno dei temi più caldi nell’agenda economica del Paese è sicuramente il federalismo, che dovrebbe vedere approvati entro breve gli ultimi decreti attuativi. Quali saranno i cambiamenti per la Regione Emilia-Romagna?
La speranza dei giovani imprenditori modenesi è che porti meno pressione fiscale sulle imprese, incentivi per le neo imprese (in particolar modo se costituite da giovani) e sburocratizzazione a tutti i livelli. In questo modo le nostre imprese, e di riflesso la nostra Regione, potranno essere più competitive sul mercato globale.
Come sono i rapporti tra aziende e sindacati nelle associate a Confindustria Modena? Ci sono state situazioni di crisi?
Sindacati e imprese si stanno confrontando su una crisi che non deriva dai loro rapporti, ma dai mercati globali. Modena è un territorio tra i più industrializzati del Paese, un risultato che prova anche una capacità di fare sistema in modo attento e responsabile tra gli industriali e i sindacati.
Il programma di Fazio e Saviano “Vieni via con me” ha riportato sotto i riflettori il problema delle infiltrazioni della criminalità organizzata al Nord. Confidustria ha adottato a livello nazionale la campagna contro la criminalità organizzata inaugurata dal Presidente di Confindustria Sicilia. A Modena si vive questa emergenza? Ci sono stati casi di espulsione?
Il tessuto economico della nostra provincia può essere un bersaglio di pratiche illegali come tanti altri territori del nord, ma per ora non sono emersi casi come è successo in Sicilia. L’importante è tenere la guardia alta e continuare a fare impresa in modo trasparente. Come Gruppo Giovani Imprenditori siamo stati i primi a Modena, più di un anno fa, ad affrontare il tema in un dibattito pubblico: abbiamo ritenuto importante, infatti, informarci e sensibilizzare i nostri colleghi imprenditori nel periodo in cui la crisi aveva più fortemente indebolito le nostre imprese, le quali rischiavano di essere più vulnerabili ad azioni da parte di soggetti della malavita organizzata.
Lo scorso marzo è stato inaugurato a Modena un nuovo format di consultazione e confronto tra i Responsabili dei giovani delle maggiori associazioni economiche: il G.I. 11 (Coordinamento Giovani Imprenditori Modenesi). Quali risultati avete perseguito ad oggi e quali sono in agenda per il 2011?
Sicuramente la cosa più importante che abbiamo ottenuto è un primo confronto fra i gruppi giovani di tutte le associazioni presenti sul nostro territorio: abbiamo tanti argomenti di discussione che sono trasversali a tutti i comparti dell’economia della provincia e che riguardano da vicino noi giovani. Poterci scambiare opinioni e cercare insieme soluzioni ai problemi comuni è sicuramente positivo per la crescita delle nostre imprese sul territorio. Nel 2011 credo che per prima cosa affronteremo il tema della mortalità delle neoimprese e, soprattutto, quello del passaggio generazionale, argomento tanto importante quanto delicato per il futuro di molte delle nostre aziende.
Nel dibattito nazionale ricorre spesso lo slogan “L’Italia non è un Paese per giovani”. Quali sono le minacce maggiori per le generazioni future e quali le proposte dei Giovani Imprenditori modenesi?
La minaccia peggiore è che resti tutto com’è oggi: abbiamo a che fare con una società gerontocratica a tutti i livelli, partendo dalla politica e finendo, a volte, anche alle nostre stesse PMI. La principale mission del Gruppo Giovani è proprio di formare la futura classe dirigente, il nostro impegno mira a cercare di far emergere i talenti e incoraggiarli ad assumere ruoli e compiti di responsabilità in azienda e nella società.
Il dibattito nazionale su giovani e mondo del lavoro ricade spesso sulla difficoltà di trovare un equilibrio tra flessibilità e precariato. Quale crede che sia il giusto mix e come agirà Confindustria per educare le nuove generazioni ad una nuova cultura del lavoro?
Le imprese devono continuare sulla strada dell’innovazione dei processi e dei prodotti e sulla formazione dei lavoratori per essere sempre più competitive sul mercato globale. La crescita è l’unico modo, a mio avviso, per raggiungere l’equilibrio tra flessibilità e precariato. Per questo Confindustria è molto impegnata al fianco delle associate per promuovere azioni in queste direzioni.
Federica Guidi, Presidente uscente dei Giovani Imprenditori, ha fatto della riforma della contrattazione collettiva un cavallo di battaglia del suo mandato. I c.d. contratti “Tailor made” potrebbero avere pesanti conseguenze sulle già tese relazioni industriali. Quali sono le proposte di Confindustria per gestire i rapporti con i sindacati, già alterati a causa della crisi economica?
La riforma della contrattazione collettiva è una necessità che ci impongono le tante sfide della globalizzazione. Il vero punto d’incontro tra sindacati e Confindustria è da sempre l’agire con senso di responsabilità per il bene del Paese, che sicuramente in un momento come questo non verrà meno.
L’ultimo appuntamento organizzato dagli industriali modenesi ha riguardato il tema della scuola e della formazione. Come sta funzionando secondo voi la Riforma della scuola superiore in atto dal presente anno scolastico? Come si muoverà Confindustria per contribuire a rieducare la nuove generazioni al valore del lavoro e della dignità delle mansioni manuali, da tempo invocata anche dal Ministro Sacconi?
Per poter essere sempre più competitive le nostre aziende hanno bisogno di mano d’opera qualificata. In questo contesto, il lavoro svolto dalla presidenza Ferrari a Modena, in collaborazione con gli istituti tecnici per valorizzare e incentivare la formazione tecnica, è molto importante per far comprendere che questa parte dell’istruzione, non solo non è di serie B, ma è di fondamentale importanza sia per le aziende che per le future generazioni che potranno entrare nel mondo del lavoro con competenze specifiche e sempre più qualificate.
Riguardo l’università ed i recenti scontri sulla riforma, è rimasto stupito del fatto che nessuno dei manifestanti abbia invocato la necessità di abolire il valore legale del titolo di studio? Cosa pensa in merito?
E’ indubbio che oggi l’università italiana debba modificarsi per rispondere alle mutate esigenze del mondo lavorativo, anche industriale. Perché la capacità di sviluppo del sistema imprese è basata anche sulla conoscenza e sulle competenze che il sistema accademico deve trasmettere ai giovani. La sostituzione del valore legale del titolo di studio con un sistema europeo di accreditamento è uno dei punti di questa revisione del sistema.
Quali sono le richieste che i Giovani Industriali di Modena avanzano ai candidati alla successione della Presidente uscente Federica Guidi?
È auspicabile che il lavoro svolto in modo egregio in questi anni dal nostro movimento non venga disperso. Bisognerebbe però integrarlo e arricchirlo con una maggiore presa di coscienza di ciò che deve rappresentare la classe dirigente emergente. È necessario formare una grande squadra di “governo” partendo dalla base, ovvero dai gruppi territoriali, e riconoscere un crescente potere a quello che oggi è il “parlamento” del movimento Giovani, cioè il Consiglio Centrale. Questo per accrescere il valore del merito a tutti i livelli e la contestuale responsabilità che ognuno di noi deve assumersi se decide di diventare parte attiva di un “movimento”, che mi auguro riesca a segnare la via maestra per contribuire a migliorare il sistema Paese.