
"Il quinto leone" mancante in Piazza dei Martiri è proprio ciò che serve alla città di Napoli: il riscatto
I leoni di Piazza dei Martiri, considerata il “salotto buono” napoletano, vivono un momento di grande spolvero. Pochi giorni fa, l’artista Nadia Magnacca con la sua mostra “Fieri” ha popolato proprio di leoni la piazza per denunciare una non più rinviabile presa di coscienza del Cives Partenopeum, il cittadino partenopeo, notoriamente gran signore quando è un signore ma altrettanto distratto o, in certi casi, in qualche modo partecipe della grande festa bassoliniana finita nell’immondizia.
Tante associazioni napoletane hanno provato a denunciare lo stato di profondo degrado del monumento che, ricordiamolo, simboleggia i martiri delle rivolte napoletane – giuste o meno è tutta un’altra storia – alla ricerca della libertà, denunciando a più riprese le gravi offese subite dalle povere bestiole, quali l’incuria, e la cattiva compagnia di clochard che vi si sono trasferiti.
Marcello Fasolino, originale interprete della società civile napoletana abituata a lavorare e produrre nonostante lo stato di degrado politico e sociale, con una raccolta di elzeviri scritti con l’abilità del cronista empatico immagina “il quinto leone”, di cui ci sarebbe un gran bisogno e che, conoscendolo, gli somiglia non poco.
L’idea gli sovviene ascoltando una guida turistica che racconta la storia dell’opera d’arte a un gruppo di turisti, che gli chiedono come si potrebbe oggi simboleggiare il popolo napoletano. La risposta è abile: tutti i leoni insieme. Marcello inizia a pensarci e confeziona l’elzeviro seguente: “Napoli oggi? È come i quattro leoni marmorei di Piazza dei Martiri: morente, ferita, feroce, indomita. Forse la Napoli morente non è quella delle periferie, delle faide, del degrado? La Napoli ferita non è quella di chi non trova lavoro, soffre in solitudine, consumandosi tra speranze e proteste? La Napoli feroce non è quella delle spregiudicatezze, delle burocrazie, delle irresponsabilità, del non ascolto? Infine, la Napoli indomita non è forse quella produttiva, operosa, che tira diritto anche se, spesso, non vuole sporcarsi le mani, aspettando che il mondo cambi da solo? Mentre penso alle difficoltà, agli impegni e alle sfide del comune cittadino, nel gioco delle allegorie, oggi spero tanto che il quinto leone di Piazza dei Martiri, il leone mancante e provvidenziale per Napoli, possa essere quello della modernizzazione e del salto di qualità. Del definitivo riscatto. Un leone che non si volti indietro a recriminare soltanto sulle occasioni perdute ma che, affrancatosi dai risentimenti e dalle giungle, manifeste e nascoste del nostro tempo, miri a ridare ai napoletani un futuro più degno”.
Insomma, è il tempo delle scelte coraggiose che la politica non può più eludere. Il popolo di Napoli ha capito che o si reagisce da leoni o si rimane pecorelle del principe di turno. O ruggire o morire.