Il reato di costruire
Nelle cronache della denuncia dei costruttori edili pugliesi sulla gravissima crisi del settore (mille imprese chiuse in un anno, 20 mila posti di lavoro perduti), con conseguenze pesantissime sull’intero sistema-Puglia, manca un aspetto non secondario della questione, che è la politica urbanistica del nostro governo regionale.
Intendiamoci, l’Assessore Barbanente è un’urbanista di grande competenza, oltre che persona squisita e disponibile. Quel che non funziona è la scuola dalla quale proviene, che ha nel prof. Borri un autorevole punto di riferimento, e per la quale costruire, se non è- preferibilmente- un reato, è quantomeno comunque un peccato, da scongiurare il più possibile, e di cui –nel suo discorso di insediamento del 2005- Vendola diede una raffigurazione particolarmente “tranchant”, proclamando- sic et simpliciter- “la fine dell’espansione urbana”.
Di qui la tenace e sapiente realizzazione di un reticolo di procedure, di regole, di vincoli e di divieti che rendono quello del costruttore una sorta di fatica di Sisifo, quasi sistematicamente destinata a disperdersi nell’imbuto sempre più stretto di una burocrazia ideologizzata e politicizzata con il cavillo ed il “no” sempre in canna, e che per di più si combina con una politica giudiziaria non meno proibizionista, all’insegna di una totale incertezza del diritto, che ha per esempio sequestrato mezza Bari in attesa di contraddirsi alla prossima pronuncia e magari anche di fare un’altra inversione ad U a quella ancora successiva, in una sorta di cinica e feroce doccia scozzese sulla pelle di imprese, lavoratori e famiglie in buona fede che nei loro progetti avevano investito sogni e risparmi di una vita.
Di qui la sottoposizione dell’intero territorio regionale ad una cappa di sigle dietro le quali, in una selva di vincoli e di procedure, si nasconde sistematicamente la pretesa del potere politico-burocratico di sottoporre al proprio controllo tutto quello che osi aspirare a muoversi, realizzando così per vie traverse l’immarcescibile sogno paleo-comunista dell’abolizione della proprietà privata, con quel che ciò comporta anche in termini di libertà civili e di sviluppo economico. Una pretesa che raggiunge il suo acme nella confisca di fatto sottesa alla parco-mania, che ha consegnato all’abbandono ed al degrado aree vastissime e di straordinaria qualità.
Di qui la vanificazione del “piano-casa” di Berlusconi attraverso le strettoie soffocanti di una normativa regionale che non gli hanno consentito di produrre un solo vano in più.
Di qui anche il sostanziale boicottaggio delle opere pubbliche, all’insegna di quella forma di fondamentalismo oscurantista e reazionario che si auto-qualifica come “ambientalista”, che è giunta fino a stoppare in tribunale l’ammodernamento e la messa in sicurezza della Maglie-Leuca, con il rischio consapevole di perdere anche un irripetibile finanziamento della bazzecola di 283 milioni di euro. Certo è che della miserevole quota che la Regione è riuscita a spendere dei fondi comunitari 2007-2013 le opere pubbliche, che avrebbero dovute esserne le regine trattandosi di fondi “strutturali”, hanno fruito soltanto una minima parte.
Quali effetti abbia questo sul lavoro dei Pugliesi, ce lo dicono le cifre che collocano la nostra economia nettamente in testa alla classifica della perdita di occupazione negli ultimi due anni. Quelli in cui sono andate a regime le politiche di Vendola.