30 Ottobre 2010   •  News

In memoria di Ernesto Bosna

Redazione

Ernesto Bosna, pedagogista e storico di rango, ma soprattutto incomparabile maestro di molte generazioni di  studenti, ci ha lasciati. Delle sue benemerenze scientifiche e didattiche, e del suo rapporto di reciproco amore con il mondo universitario barese, che lo hanno portato, tra l’altro, a dirigere il Dipartimento di Scienze pedagogiche e didattiche della gloriosa Facoltà che un tempo si chiamava “Magistero”, non sta a me cantare le lodi.
Quello che so è che la straordinaria qualità della sua opera e della sua  lezione avrebbero certamente avuto maggiore risalto se egli non avesse scelto fin da giovanissimo una corrente politica e di pensiero che –esauritasi l’influenza crociana- è stata la vera, grande discriminata della cultura italiana, quella contro la quale –forse nella consapevolezza della sua superiore grandezza- si sono di fatto coalizzate tutte le altre, in un “compromesso storico” ad egemonia marxista che nel mondo accademico aveva ampiamente anticipato quello proposto in sede politica da Enrico Berlinguer.
Ernesto era cioè un liberale non soltanto a tutto tondo, ma anche orgogliosamente manifesto e militante, che era solito combattere in prima linea, a spese proprie e senza alcun tornaconto, tutte le battaglie del liberalismo italiano anche e soprattutto nella stagione del suo massimo isolamento, quando la lungimiranza e la coerenza del piccolo PLI venivano liquidate come conservatorismo passatista e sottoposte ad un ovattato quanto feroce silenziamento.
Nella Bari equamente spartita tra il potere moroteo e l’egemonia culturale togliattiana dell’ “ècole barisienne”, ma anche di Araldo Di Crollalanza e di Pinuccio Tatarella, nonché di Giugni e di Formica, essere apertamente liberale era la scelta più scomoda di tutte. E tanto più era scomoda laddove le egemonie anti-liberali pesavano di più, come nel mondo universitario, e quanto più le sconfitte si susseguivano alle sconfitte, nelle nostre battaglie solitarie con i soli mezzi dei nostri personali sacrifici contro armate onnipresenti e potentissime. E quando la storia ha dimostrato che ad essere passatisti erano i presunti “progressisti”, e che solo la libertà “ha l’eterno per sé”, essere stati sempre liberali ha costituito ancora una ragione di discriminazione, quasi fosse stata una colpa avere avuto ragione troppo presto.
Ecco perché, salutando un mio grande maestro di idee e di vita come Ernesto Bosna, io rendo omaggio a chi quella scelta ha consapevolmente pagato e mai rinnegato,  tra i quali mi piace citare i tre grandi vecchi del liberalismo barese, che lo stanno certamente piangendo come me: Paolo Ragone, la nostra anima più nazional-liberale, più rigorosamente malagodiana; Peppino Petrelli, il liberalismo popolare fondato sul carisma di straordinarie doti umane; Pasquale Calvario, con la sua ricerca continua che ne ha fatto e ne fa una perpetua avanguardia.
In questi giorni stavo per chiamare Ernesto, per chiedergli- da autorevolissimo storico meridionale della Scuola- di ricordare quel che è significata l’Unità d’Italia nelle politiche dell’istruzione anche e soprattutto nel nostro Sud e sottoporre al suo giudizio un mio modesto lavoro, che volevo pregarlo di presentare.
Cercheremo nella sua opera quel che non abbiamo fatto in tempo a chiederGli e ne trarremo ancora e sempre verità e vita. Perché non un Maestro che non ha mai avuto paura di insegnare e di servire la Libertà ha anch’Egli “l’eterno per sé”.