26 Febbraio 2011   •  News

In un Abruzzo che vuole ripartire le priorità sono sviluppo e crescita

Redazione

Crescita, crescita e ancora crescita. E’ stato questo il filo conduttore della Quarta Convention regionale delle imprese: un appuntamento importante, una chiamata all’appello da parte di Confindustria Abruzzo che ha riunito nel Centro espositivo della Camera di Commercio di Chieti, tutto il mondo che “conta”: politica, imprenditoria, sistema creditizio, parti sociali. Tutti presenti, tutti attenti, tutti pronti a fare qualcosa di concreto. E soprattutto, tutti convinti di doverlo fare insieme, superando una volta per tutte vecchi steccati e preconcetti ideologici. Perché è l’Abruzzo che lo chiede.

Una regione che attraversa una fase complessa e delicata, una fase in cui in gioco c’è il futuro. Lo sanno bene tutti. Nel parterre, prima e dopo gli interventi e le tavole rotonde, saluti cordiali, ma anche tanti sguardi d’intesa, tante parole sussurrate. A testimoniare che il fermento è tanto, che si attendono risposte, che c’è un clima di grande attesa. Del resto i nodi da sciogliere sono tanti: l’economia è ferma, i cocci del terremoto – non solo materiale ma anche politico e morale – che ha colpito l’Abruzzo sono ancora lì che attendono di essere raccolti. Servono idee, serve azione. Servono risposte e tempi certi: non a caso il titolo della convention parla di un Abruzzo nell’Italia del futuro e di impresa e sviluppo. Lo dice a chiare lettere il presidente di Confindustria Abruzzo, Mauro Angelucci, che quando sale sul palco per il suo discorso di apertura va subito dritto al punto: “Non c’è più tempo per aspettare – annuncia -. Chiediamo idee e misure per lo sviluppo, poiché noi ci siamo e ci saremo sempre, con tanta voglia di fare. Spesso però ci troviamo di fronte ad una politica distante, divisa”.

Una strigliata alla politica ma non solo, perché il numero uno di Confindustria Abruzzo chiama all’appello anche le banche. In platea c’è il presidente della commissione regionale dell’Abi, Antonio Di Matteo. E le parole di Angelucci non la mandano a dire, quando ricorda il mancato sostegno al mondo produttivo e l’utilizzo di fondi pubblici per sanare i bilanci del sistema creditizio. E dove termina Angelucci, proprio lì inizia il presidente nazionale di Confindustria, Emma Marcegaglia. Applauditissimo il suo intervento, in cui sfodera tutta la sua personalità. Non a caso, come aveva sussurrato poco prima all’altra “primadonna”, La segretaria nazionale della Cgil, Susanna Camusso, Confindustria si è decisa ad avere un presidente donna dopo cento anni e lo ha fatto nel momento peggiore. Ma la Marcegaglia ha raccolto la sfida. In tutti i sensi. Impeccabile il suo look, giacca chiara e pantalone elegante, occhiali inforcati che sottolineano un fare sicuro. La Marcegaglia si sente a casa sua. A turno politici, imprenditori, approfittano di una poltrona momentaneamente vuota al suo fianco per sederle accanto. Per un confronto diretto, un consiglio, un’osservazione.

Sul palco la Marcegaglia è incisiva, quasi dura. E insiste sulla voglia di riscatto e di tornare protagonisti che aleggia in ogni angolo del territorio abruzzese. “Noto che c’è dappertutto una voglia forte di reagire, di riprendere il cammino dello sviluppo e della crescita. Anche l’ultimo incontro con gli imprenditori abruzzesi, mi ha confermato in questa convinzione”. Ma i tempi sono duri e la presidente lo sa bene. “La vostra regione – conferma la Marcegaglia – paga un lungo periodo di instabilità politica, paga la tragedia del terremoto e il ritardo degli ultimi dieci anni. Perchè, per paradosso, questa regione che per la sua crescita era uscita dall’Obiettivo uno, si trova adesso ad affrontare gli stessi problemi di quando era Regione del Sud. E deve farlo a incentivi europei ridotti. Questa situazione pesa sul mondo del lavoro, che è quello dell’impresa e quello dei dipendenti. L’Abruzzo in questi anni ha retto grazie al coraggio e all’impegno dei suoi imprenditori che hanno affrontato il grande mondo della globalizzazione, si sono fatti carico dell’innovazione, sono andati a cercarsi nuovi mercati. Hanno cioè fatto lo sforzo maggiore per produrre ricchezza. E’ stato un grande sforzo che ha visto l’impegno comune di tutta l’industria abruzzese e di questo dovete essere orgogliosi”. Ma il problema non è certo solo abruzzese. Il problema è dell’Italia intera, che in dieci anni ha bruciato punti e punti di Pil. Accumulando un ritardo preoccupante verso l’Europa.

Il problema è della crescita, che all’uno per cento annuo non può nemmeno essere definita tale. Ma invertire la tendenza si può, anzi si deve: “Per questo la politica deve smettere di litigare e tornare piuttosto a dare risposte: è giunto il momento delle riforme strutturali – afferma con voce ferma – . Abbiamo dato atto all’attuale governo di aver saputo tenere, di aver mantenuto in ordine i conti pubblici nelle tre fasi più dure della crisi: prima quella finanziaria ed economicfa del 2008, poi l’eurodebito e ora la preoccupante situazione del NordAfrica. Eventi imprevedibili. Ma ora bisogna guadare avanti. Tagliare i tempi della burocrazia, alleggerire un peso fiscale insostenibile per le imprese, spostando la leva dalle persone alle cose”. Insomma, in una parola, ripartire e smetterla di accettare l’inaccettabile, come, per l’Abruzzo, il caricare i debiti della sanità sull’Irap. E in una rivoluzionaria unità di vedute con Susanna Camusso, il segretario della Cgil, anche lei sorprendente nel suo stile rinnovato e femminile, un sì all’aumento dell’Iva e a un prelievo più forte sulle rendite finanziarie”. Lo aveva spiegato poco prima la leader della Cgil, nella tavola rotonda moderata dal direttore del Sole 24 Ore, Gianni Riotta, conquistandosi gli applausi di una platea non proprio usuale per lei.

“Spostare i pesi fiscali per far ripartire la crescita inasprendo la tassazione sulle rendite finanziarie e sui redditi più alti”, questa la sua ricetta, un modo più equo per trovare le risorse che mancano. “Siamo in un momento straordinario e occorre avere il coraggio di prendere misure straordinarie. Non si può continuare con la politica degli annunci. Non è così che si aiutano i giovani”. Gli stessi che sono in cima alle preoccupazioni del presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi, che quando arriva il suo turno torna a battere il ferro sul problema dei problemi: “Non possiamo più finanziare lo sviluppo con il debito dei nostri figli, le tasse o la spesa pubblica. Il mio governo ha puntato sulla riduzione del debito sanitario, sul recupero dei fondi strutturali, sulla lotta alle caste”. Dalla platea, ad annuire il suo vice ed assessore allo Sviluppo, Alfredo Castiglione. Ma anche tanti amministratori locali, a cominciare da quelli teatini, a fare gli onori di casa: Silvio Di Lorenzo, presidente della Camera di Commercio di Chieti, il sindaco, Umberto Di Primio e il presidente della Provincia, Enrico Di Giuseppantonio. E ancora, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, il consigliere regionale, Federica Chiavaroli, il capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Camillo D’Alessandro, il segretario della Cgil Abruzzo, Di Cesare. A tutti loro, idealmente, la presidente Marcegaglia ha chiesto un impegno preciso, a sottoscrivere quel Patto lanciato dalla Confindustria abruzzese, un Patto per lo Sviluppo, “un patto per l’Abruzzo, un patto delle persone per bene”.

E per concludere, non poteva mancare un riferimento a l’Aquila, simbolo della rinascita che attende un’intera regione. “Ho visto l’Aquila pochi giorni dopo il terremoto – ha ricordato la Marcegaglia – Ho visto cosa è successo al suo centro storico. Non è accettabile, dopo tanto tempo, che non esista ancora un progetto per la sua rinascita. Facciamo qualcosa tutti insieme, scriviamo un progetto, pubblico e privato, gomito a gomito”. Chiodi e Angelucci, governance pubblica e privata, un confronto leale e un dialogo che deve ripartire su basi nuove.