Ipotesi Bonomo: una buona sede provvisoria, poi serve quella definitiva
Era il luglio del 2002 quando l’allora sostituto procuratore Michele Emiliano, consapevole per esperienza diretta della inadeguatezza dell’edilizia giudiziaria a Bari, lanciava un pubblico appello a fronte di una situazione già all’epoca difficilmente sostenibile e destinata col tempo a peggiorare. La partita da giocare – sosteneva il magistrato Emiliano – deve andare ben al di là di una polemica urbanistica e dei relativi interessi. Da quel giorno tanta acqua è passata sotto i ponti: il pm è diventato sindaco della città, ma qualche interrogativo è d’obbligo se otto anni dopo, sul medesimo tema, un altro magistrato – il procuratore Antonio Laudati – è costretto a rivolgere un vero e proprio grido d’allarme a fronte di quella che una prolungata ignavia e il vano trascorrere di troppi anni hanno trasformato in un’autentica emergenza.
La giustizia a Bari sarà presto senza casa. L’edificio che ospita gli uffici penali è illecito sotto il profilo urbanistico e fuori norma dal punto di vista strutturale, e il settore minorile non se la passa molto meglio. E’ un controsenso simbolico, ma anche e soprattutto un elemento di grave disfunzionalità rispetto al quale qualsiasi buon proposito è destinato a rimanere tale, e rischiano di essere vanificati gli stessi incrementi d’organico che gli operatori del settore hanno più volte sollecitato e ai quali il governo si è impegnato a far fronte.
Allo stato attuale, fra tutte le ipotesi prese in considerazione, l’ex ospedale Bonomo appare come il rimedio provvisorio più adeguato. Ma pur sempre un rimedio provvisorio. Le dimensioni realmente utilizzabili dell’edificio, infatti, sono tali che se si spendessero cifre assai imponenti per i necessari adeguamenti nell’illusione di ricavarne una sede definitiva per la giustizia penale e minorile, si rischierebbe di prolungare indefinitamente una situazione di precarietà, senza peraltro porre fine a quella frammentazione logistica contro la quale l’universo giudiziario barese si è espresso in maniera pressoché unanime.
Una possibile soluzione, strutturale e permanente, sul tavolo esiste. Alcuni pronunciamenti giudiziari ci sono già stati, e ora si è in attesa di una sentenza che dovrà dire una parola definitiva sulla sua praticabilità. Anni addietro, da parte degli operatori del settore, l’ipotesi di una “cittadella della giustizia” (ovvero di una soluzione che rendesse possibile l’accorpamento degli uffici in cui è articolata l’amministrazione giudiziaria) era stata salutata quasi con toni messianici. Noi, più prosaicamente e più umilmente, ci auguriamo che, archiviata la fase delle carte bollate, ci si rimbocchi in fretta le maniche per individuare la soluzione migliore ed evitare che il caso dell’edilizia giudiziaria barese finisca per confermare quel vecchio adagio secondo il quale in Italia non vi è niente di più definitivo del provvisorio. La politica deve sapersi assumere le sue responsabilità, prendendo atto della realtà e non rinunciando a perseguire il possibile nella vana illusione di poter pretendere l’impossibile. Solo mettendo da parte le crociate e i toni ultimativi si potrà tradurre in atti concreti la consapevolezza – particolarmente attuale in questi giorni – che di un’altra Punta Perotti la città di Bari non ha davvero alcun bisogno.
Gaetano Quagliariello, Presidente Onorario Fondazione Magna Carta