06 Settembre 2011   •  News

La rivolta di Atlante

Redazione

Sono da poco concluse le riprese del film “Atlas Shrugged”, adattamento del capolavoro della filosofa e scrittrice russa Ayn Rand La rivolta di Atlante, opera considerata come la “Bibbia” del Libertarismo, dell’Oggettivismo e della Scuola Economica Austriaca Liberale. Atlas Shrugged è un romanzo ben conosciuto oltreoceano (in USA ha superato le 500.000 copie ancora nel 2009), citato all’interno di pellicole cinematografiche, nelle aule universitarie e spesso pure in quelle del Congresso, ma decisamente sottovalutato in Italia, dove si fatica a trovarlo anche nelle grandi librerie.

L’opera venne pubblicata in America nel 1957 e non ci volle molto perché fosse marchiata come “radical”, estremista. Non si trattava di un saggio scomodo o di un’opera filosofica rivoluzionaria, ma di un romanzo, che con la sua trama e i suoi contenuti, metteva in discussione tutte le convenzioni dell’epoca: dall’economia al sesso, dalla religione alla società, dal ruolo della donna a quello dello Stato. La rivolta di Atlante racconta la storia di uno sciopero. In un’ipotetica America del futuro, rovinata da leggi assurde che impediscono il libero mercato, da burocrazia mastodontica e da uno stato tiranno che usurpa la proprietà privata. Alcune tra le più brillanti menti del Paese decidono perciò di difendere la propria libertà, nella maniera più efficace possibile: ritirandosi dalla società.

Ayn Rand attraverso il suo romanzo si (e ci) interroga: cosa succederebbe se scienziati, medici, inventori, industriali, scrittori e artisti, ritirassero le loro menti e i loro prodotti dal mondo? La risposta è semplice e tragica: il collasso mondiale. La rivolta di Atlante si presente quindi come un’appassionata difesa della libertà, della razionalità, e del ruolo dell’individuo. La scrittrice vuole dimostrare quanto sia importante il ruolo della mente nello sviluppo umano. Ma ancor prima vuole sottolineare quanto la libertà dell’Individuo sia più importante della società stessa. Ayn Rand va ancora oltre e mette in discussione l’intero ruolo dello Stato, che dev’essere minimo, non invadente, quasi inesistente. Ma soprattutto non deve invadere l’economia.

La scrittrice, che il comunismo l’ha conosciuto davvero (fuggì dalla Russia dopo che i bolscevichi confiscarono la farmacia di famiglia), propone e sostiene il capitalismo come il migliore dei sistemi economici. Il capitalismo si configura come l’unico sistema che può effettivamente ed efficacemente massimizzare la sua unica, importantissima condizione di esistenza: la libertà dell’individuo. Questa diventerà la tesi dell’intera opera. Un’opera forse piu’ attuale di quello che possiamo pensare, un’opera che farà scalpore anche nella sua versione cinematografica, ma forse riporterà alla ribalta una questione mai del tutto risolta: lo Stato come si è sviluppato durante il XX secolo è la risposta ai problemi dell’individuo oppure potrebbe a volte esserne addirittura la causa? Ai lettori e agli spettatori, l’ardua sentenza.