L’impegno per il ritorno alla politica
La scomparsa dei partiti tradizionali che hanno segnato i primi cinquant’anni della storia italiana ha avuto come conseguenza l’affermazione di un sistema politico in cui i partiti si immedesimano con le figure dei loro leaders. Come molti ricorderanno, fu Marco Pannella a dare inizio a questa tendenza, sciogliendo il partito radicale e rifondandolo sotto il nome di “Lista Pannella”. Da allora molti partiti si sono incamminati su questa strada. In tale nuova ottica, i partiti tradizionalmente intesi, con i loro organi di confronto interno, hanno finito per perdere di significato e incentrarsi su figure carismatiche. Oltre la cerchia vicina al capo, regna una moltitudine di “colonnelli”. Durante la prima Repubblica non era ipotizzabile che il nome del leader campeggiasse all’interno del logo, come un certificato di garanzia o come un marchio di proprietà.
Oggi, in Europa i maggiori partiti hanno nomi che si richiamano ai grandi ideali politici: liberalismo, socialismo, cristianesimo. In Italia, invece, i partiti si sono privati di queste matrici storiche e hanno finito per prediligere accattivanti denominazioni di fantasia. Di questa anomalia italiana credo che occorrerà tenere conto, qualora dovesse avviarsi un dibattito sulla scelta del nuovo nome.
Il sistema politico che si è affermato, scarsamente strutturato e imperniato su figure carismatiche, ha manifestato alcuni limiti. Poniamo alcuni esempi. Agli inizi della legislatura Silvio Berlusconi mise a centro tre importanti successi: riuscì nell’impresa di liberare Napoli dall’immondizia dopo mesi di emergenza, mise in campo un accordo storico con la Libia che consentì fra l’altro di arrestare il flusso di barconi provenienti dal nord Africa, adottò immediate misure per far fronte alle distruzioni provocate dal terremoto dell’Aquila.
Oggi quei successi iniziali appartengono alla schiera dei ricordi: i rifiuti sono tornati sulle strade di Napoli, il regime libico di Gheddafi è crollato con conseguenze non ancora ben prevedibili sugli interessi nazionali, la ricostruzione dell’Aquila sembra segnare il passo e ci sono indagini in corso su come sono stati gestiti i fondi assegnati.
Come è potuto avvenire? La verità è che un uomo, pur dotato di genialità, fantasia e dinamismo, può essere in grado di indicare soluzioni efficaci per tamponare i problemi, ma governare un grande Paese richiede quella continuità che solo una organizzazione forte e strutturata può assicurare.
È cioè indispensabile una classe politica adeguata, quella classe politica che a stento riesce a germogliare all’interno di un partito che si regge sul potere carismatico. Si avverte la mancanza di un grande partito democratico e organizzato: quello che inizialmente era stato concepito da Scajola e che però ha finito per scontrarsi contro le difficoltà poste dai propugnatori della “antipolitica”, oggi tanto alla moda.
Come la storia insegna, ai primi segnali di difficoltà, in ogni partito, movimento o organizzazione che sia, crescono la conflittualità e le insoddisfazioni interne. Non esistendo una organizzazione che funga da camera di compensazione, ciascuno cerca di tutelarsi seguendo percorsi individuali, costruendo cordate e alleanze. E, in mancanza di regole e di organismi entro i quali esercitare il confronto, i conflitti finiscono per diventare disgreganti e minacciare la sopravvivenza stessa dell’organizzazione. Così, proprio nei momenti in cui andrebbe esercitata la virtù della coesione, finiscono invece per affacciarsi tendenze centrifughe.
Nessuna fase politica dura in eterno e ogni ciclo storico ha irrimediabilmente anche un suo declino e una sua fine. Il governo dei tecnici costituisce sicuramente un elemento di rottura rispetto al ciclo che era iniziato negli anni ’90, ma anche esso è inevitabilmente destinato a cedere il passo agli organismi rappresentativi, gli unici legittimati a governare in un regime democratico. È appena il caso di ricordare che negli altri due Paesi mediterranei colpiti dalla crisi finanziaria e dalla speculazione, la Spagna e la Grecia, si è reagito con la caduta dei governi in carica e con la formazione di nuovi governi politici. In Italia, invece, la politica ha preferito fare un passo indietro e, per la sua debolezza, lasciare spazio ai tecnici. Esiste quindi uno spazio che dovrà essere ricolmato.
È perciò importante che oggi si inizi a intravedere una valida alternativa e si inizi a lavorare per essa, perché la politica, tanto vituperata quanto necessaria, rimane l’elemento fondante della democrazia liberale. Recentemente qualcuno ha usato l’espressione “politica degli scheletri”; ma anche lo scheletro umano, per quanto brutto a vedersi, non è forse indispensabile al nostro corpo almeno quanto lo è la politica per la società?
Per coagulare intorno a un progetto le speranze e le attese dei tempi nuovi occorrono lavoro, pazienza e tanta buona volontà, ma l’entusiasmo non mancherà certamente, perché l’obiettivo è esaltante.