21 Febbraio 2011   •  News

Qui si fa la ricostruzione, o si muore

Redazione

Sembra ormai lontano quel giorno di Aprile di quasi due anni fa, dove 308 persone morirono ed un’ intera città fu rasa al suolo. Lontano sì ma non troppo se ci si avventura tra le poche vie accessibili del centro storico della città capoluogo d’Abruzzo, dove in realtà il tempo sembra essersi fermato. Di sicuro erano poche le persone, ancora meno quelle intellettualmente oneste, che pensavano in una ricostruzione lampo, dove tutti gli edifici più o meno danneggiati, sarebbero stati riparati o ripristinati quasi con un colpo di bacchetta magica.

In realtà la situazione, è molto più complessa di quanto si potesse ritenere inizialmente. Le persone delegate a prendere decisioni importanti per questo territorio, vengono circondate giorno dopo giorno da un contesto difficile, da un tessuto sociale sfilacciato e da un’economia altalenante ed incerta.

Più che giusto, è necessario infatti riflettere bene prima di operare sul “cuore” della città, visto che qualsiasi decisione verrà presa, influirà in maniera diretta sul futuro a lungo termine di questo territorio con particolare riferimento ai giovani ed alle nuove generazioni. Questo tragico evento deve assolutamente tramutarsi in un’opportunità prima di tutto per non vanificare il sacrificio delle vittime di questo terremoto. Quanti amministratori nel 2011, hanno la possibilità di ridisegnare gli assetti della propria città e del proprio territorio?

Bisogna avere il coraggio di applicare un modello di radicale cambiamento rispetto a quello che sostanziava la vita precedente del territorio e dei cittadini, avendo rispetto, di quell’anima storica ed artistica che da secoli dona lustro all’immagine della città. E’ necessario promuovere questo cambiamento prima di tutto culturale, che trova imponenti ostacoli nella mentalità rigida e schematica di questa società. Ricostruendo tutto com’ era e dov’ era infatti, si rischia di perdere un’ occasione unica che potrebbe ritrasformare la città rendendola un modello da poter esportare nel mondo. Occorre sgomberare l’idea che cambiando alcuni tratti venga mutata l’anima storica del territorio.

Abbiamo interi quartieri dell’epoca fascista, che potrebbero agevolmente essere riqualificati in maniera netta, abbiamo una rete di sottoservizi completamente dissestata, allora perché non pensare a delle direttrici uniche che attraversino la città distribuendo con unico canale, un unico scavo, un unico periodo di lavori, tutti i servizi evitando che la città venga martoriata da centinaia di migliaia di scavi e tracce singole per portare i servizi nelle varie abitazioni e nei vari quartieri? C’è bisogno di rilanciarsi e per farlo, bisogna condividere scelte difficili ma di sostanziale discontinuità, per poter aprire un capitolo nuovo.

L’economia ha subito dei danni gravissimi vista la bassissima delocalizzazione delle attività nelle aree limitrofe, causata proprio dalla “storica” debolezza dei poli industriali. Questo accentramento delle attività economiche ha esposto la città verso un rischio rilevante, infatti una volta constata l’ impossibilità di usufruire celermente del centro storico, si sono presentate molte difficoltà sull’ utilizzo delle aree limitrofe per la ricollocazione delle attività economiche.

Questa delocalizzazione delle attività, ma anche della vita sociale, ha portato ad una fisiologica spersonificazione dei rapporti tra i cittadini, che da un lato però ha contribuito a porre le basi per trasformare il Capoluogo in una città territorio non più concentrata in un unico punto, ma dislocata su un’area più ampia, dove i singoli comparti contribuiscono a rendere più dinamica e funzionale una città che, se vuole rilanciarsi, deve necessariamente guardare al cambiamento con una visione non più ingessata e rivolta a conservare le vecchie abitudini, ma di apertura al “nuovo” scommettendo su una crescita che dipende non solo dagli interventi programmati dallo stato.

Dunque riflettere bene e subito per avere un’ idea portante di città che certamente potrà subire dei miglioramenti in itinere, ma condividerla con i cittadini in modo che possa essere promosso il cambiamento. C’è bisogno di uno scatto di dignità, di un colpo di reni che necessariamente deve essere compiuto dalle comunità locali in unica direzione:il futuro.