28 Marzo 2011   •  News

Un dialogo immaginario tra Giuseppe Mazzini e Carlo Cattaneo

Redazione

Si è svolto sabato 26 marzo, presso lo storico liceo Quinto Orazio Flacco di Bari, il primo della serie di incontri organizzati nell’ambito dell’iniziativa “Contrappunti dell’Unità d’Italia”, organizzata dall’associazione Magna Carta Puglia. L’incontro ha visto la teatrale dialettica tra due personaggi storici del Risorgimento italiano, Giuseppe Mazzini e Carlo Cattaneo, interpretati rispettivamente dal Prof. Roberto Balzani e dal Prof. Giovanni Orsina.

Questo confronto, come anche i prossimi che sono in programma, è in linea con l’attuazione degli obiettivi che l’associazione si pone: sebbene nasca come ente a sfondo politico, infatti, Magna Carta pone tutta la sua attenzione sull’educazione culturale delle giovani generazioni affinché si creino classi dirigenti competenti, capaci e responsabili, come ha precisato nel corso del primo dibattito il presidente di Magna Carta Puglia Leonardo Damiani.

La peculiarità dell’incontro è stata la totale identificazione dei due ospiti con i personaggi storici. Gli interpreti si sono infatti espressi in prima persona facendosi portavoce e interpreti di un periodo storicamente e ideologicamente lontano dal nostro. Il tutto mediato dal Prof. Antonio D’Itollo, preside dell’Istituto, che ha avuto la funzione di presiedere e innescare in modo provocatorio il dibattito.

La discussione si è aperta con la presentazione della distanza ontologica tra Mazzini e Catteneo, che si è tradotta storicamente in una diverso modo di concepire il medesimo forte ideale, quello di un’Italia libera, unita e repubblicana. Mazzini rappresenta l’ideale dell’uomo romantico, della generazione dei giovani traditi e delusi dal progetto di grandezza napoleonico che si ritrovarono a doversi inventare un futuro dal niente, fondato unicamente sulla passione di rendere possibile ciò che era improbabile. Su questo sfondo nacque la Giovine Italia, la prima associazione a partecipazione paritaria tra uomini e donne aperta a coloro che erano sotto i 40 anni, ai giovani, a chi cioè poteva credere e godere del cambiamento.

L’idea della Giovine Italia era la creazione di uno Stato nazionale, interpretando la volontà europea figlia del Congresso di Vienna del 1815. Tale soluzione, in un’ottica centralistica del potere quale quella mazziniana, avrebbe agevolato il progresso economico e culturale e l’allineamento dell’Italia al resto d’Europa: a dimostrazione di ciò il nostro Mazzini in chiave odierna utilizza l’esempio del G6 del 1975 tenutosi in conseguenza della guerra del Kippur, che aveva determinato un aumento spropositato del prezzo del petrolio costringendo le sei grandi nazioni europee a unirsi. Qui l’Italia c’era.

La parola chiave per Mazzini è “unione” in contrapposizione al particolarismo politico, alla rottura dogmatica prodotta dall’illuminismo. Unione perseguita da Mazzini anche con una sperimentale sintesi mistica volta alla creazione di una religione dell’umanità, frutto di un estratto morale che doveva essere a disposizione di tutti per una fratellanza onnicomprensiva. Ma il cambiamento a parole era poco, a Mazzini servivano esempi, azione; così nacque il tentativo di costituzionalizzare la Repubblica Romana nel 1848-49, cercando di coinvolgere anche Firenze e fallendo a causa delle forze austriache e francesi.

Carlo Cattaneo si presenta invece come un “topo da biblioteca”, un liberale radicale al limite tra illuminismo e proto-positivismo; un uomo che fondava le proprie idee sul raziocinio, sull’analisi empirica della storia e dell’economia. Anch’egli credeva in un’Italia libera, repubblicana e unita: nell’ottocento l’uomo capisce che esiste una dicotomia tra società statiche e società progressive che necessitano di cambiare e il cambiamento per Cattaneo era federale. Il rifiuto della monarchia come modello politico tramontato perché autoritativamente impositivo; sì alla repubblica federale come movimento politico che partisse democraticamente e non demagogicamente dal basso, nell’ottica liberale di un progresso inteso nella sua onnicomprensività, quindi non classista o elitario, ma sociale e  promosso da quella borghesia capace di iniziativa economica. Il federalismo inteso non come chiusura e arroccamento di ciascuna entità sulle proprie norme, ma piuttosto come interscambio, cooperazione, mediazione tra entità territoriali differenti perché il cambiamento vive nell’eterogeneità, nella dialettica, nel confronto che amplifica la complessità sociale e arricchisce.

Cattaneo crede profondamente nel federalismo- municipalismo come strumento democratico che, a differenza di un modello statale accentratore di dimensioni medio-grandi, avrebbe permesso ancora la conservazione della partecipazione diretta del cittadino alla politica e avrebbe favorito l’interscambio economico che poneva il mercato come strumento di risoluzione dei conflitti. Di segno opposto, insomma, rispetto a Mazzini, che additava il federalismo come motivo di scontri e dissipazione di risorse.

Cattaneo e Mazzini, per molti versi, vengono definiti due sconfitti dalla storia. Cattaneo, da parte sua, voleva l’Italia repubblicana e federale mentre l’Italia si unifica sotto la monarchia con un processo autoritario di estensione del modello piemontese. Il fallimento della politica dal basso rivela una visione deformata della storia, che aveva creduto in una ribellione sociale possibile e forte. Ciò che ha sconfitto Mazzini e Cattaneo avendo favorito, invece, Cavour è stato molto pragmaticamente la previsione di un esercito.

Di Cattaneo fallisce l’ideale di federalismo cooperativo in quanto l’interscambio commerciale debole esistente tra gli stati preunitari, che commerciavano prevalentemente con l’estero, rimane tale anche dopo il 1861. Ecco che la storia dà ragione, in tal senso, a Mazzini nella misura in cui era necessario un apparato unitario per allinearsi ad alcuni processi economici di progresso indotto dagli Stati nazionali europei, come la creazione di infrastrutture base quali l’illuminazione a gas, le ferrovie, i circoli dei notabili che permetteranno il miglioramento delle condizioni di vita, presupposto necessario per lo sviluppo economico.

Mazzini sconfitto nell’etica della pedagogia sociale dalla storia contemporanea:il Risorgimento ha creato una memoria storica autodidatta, portatile e collettiva che è diventata la nostra storia nell’ideale che costruire una memoria culturale condivisa sia il presupposto dell’educazione sociale. Il fallimento della sua etica è nei nostri giorni, nei nostri fatti, in coloro che usano la storia come mistificazione di scelte postume. Mazzini credeva nel sacrificio personale come esempio, come prezzo da pagare prima per un bene che si vorrebbe diventasse di tutti.

Cattaneo tornato nella persona di Orsina afferma che forse, se si fosse realizzato il federalismo, avremmo subito più pressioni dall’estero, non avremmo partecipato al ‘900; sarebbe stato un bene o un male, ognuno eserciti la propria immaginazione perché la storia si fa anche con i se.

Quella di sabato è stata, comunque, un’occasione per chiarire alcune mezze verità che la storia ha portato fino a noi, per analizzare problematiche attuali come il federalismo con i fondamenti storici che le hanno portate fino a noi. Un’occasione per dire ai ragazzi che per realizzare un progetto ci vuole ragionamento, passione, condivisione, confronto e educazione, nella sintesi di due personaggi che alla fine delle loro vite si sono riconciliati. L’occasione per festeggiare meno acriticamente la nostra Italia e il nostro essere italiani.