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Il Popolo, i partiti e la sovranità nella lunga transizione italiana

  

Aprile 2010, pp. 11

 

 

In realtà non si tratta di una novità: una transizione del genere si è già compiuta in quasi tutte le democrazie contemporanee. Ciò che ha, invece, caratterizzato il caso italiano è il ritardo con cui questo passaggio si è manifestato.

Fra la varietà del sistema, quel partito di massa sul modello della SPD tedesca, che in Italia è stato considerato l’archetipo dell’organizzazione politica, era soltanto una delle ipotesi: non era l’unica possibile, e infatti è stata in gran parte superata. Altri sistemi si sono evoluti verso quella che talvolta viene definita “democrazia del pubblico”: alcuni ritengono che questa sia una definizione negativa a causa del suo connotato leaderistico-plebiscitario, ma in realtà questo elemento ha fortemente incrementato il grado di rappresentatività dei sistemi politici attuali, caratterizzati da una organizzazione e da una gestione delle istanze e del consenso molto più rapida, e quindi molto più efficace, di quanto avveniva nei sistemi in cui tutto era filtrato da organizzazioni di massa strutturate, articolate e complesse.

Di fronte a questo passaggio sociale – perchè prima ancora che politico e istituzionale ha un carattere sociale, derivante dal profondo mutamento del tempo e delle forme della partecipazione politica nell’organizzazione delle società contemporanee – si pongono nella sostanza tre questioni.

La prima riguarda la reversibilità o irreversibilità di questo passaggio: bisogna comprendere in che modo esso sia da considerare acquisito, e, almeno nell’attuale fase storica, in qualche misura irriversibile.

La seconda questione investe la valutazione di questo passaggio: in che modo esso sia un passaggio positivo, a che condizioni possa esserlo, e, viceversa, in che misura possa rappresentare un pericolo.

La terza questione, che è la più attuale alla luce delle riforme sulle quali in tempi recenti si è consumato il dibattito politico, richiede di interrogarsi sul modo in cui il sistema italiano abbia adeguato i propri meccanismi istituzionali a questo passaggio sociale e istituzionale; comprende, cioè, fino a che punto la Costituzione e le norme non costituzionali siano adeguate a rendere il sistema istituzionale funzionale alle nuove dinamiche sociali.

Vi è, infatti, la convinzione che i mutamenti sociali abbiano determinato un cambiamento radicale nella politica, che è quello che si vive in Italia da circa vent’anni, ma che l’architettura del sistema non si sia ancora adeguata a tale evoluzione. Per questa ragione, rispetto ai mutamenti sociali intervenuti, partendo da un’analisi delle disfunzionalità sistemiche ad oggi evidenti, bisognerebbe, con un’accurata diagnosi, cercare di definire gli opportuni correttivi.

 

Indice

La democrazia degli elettori

Fondazione Magna Carta, 15 Aprile 2010